Vergogna ultras
La fotografia di San Siro durante Inter-Sampdoria, quello spazio vuoto lasciato dagli ultras che è fisico ma ancor di più ideale. Uno scempio intollerabile. Ora, però, passiamo ai fatti.
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La fotografia di San Siro durante Inter-Sampdoria, quello spazio vuoto lasciato dagli ultras che è fisico ma ancor di più ideale. Uno scempio intollerabile. Ora, però, passiamo ai fatti.
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La fotografia di San Siro durante Inter-Sampdoria, quello spazio vuoto lasciato dagli ultras che è fisico ma ancor di più ideale. Uno scempio intollerabile. Ora, però, passiamo ai fatti.
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La fotografia di San Siro durante Inter-Sampdoria, quello spazio vuoto lasciato dagli ultras che è fisico ma ancor di più ideale. Uno scempio intollerabile. Ora, però, passiamo ai fatti.
C’è voluto un morto ammazzato in strada e l’istantanea reazione degli ultras, di cui il pregiudicato ucciso era leader indiscusso insieme ad altre figure non proprio specchiatissime, per far tornare d’attualità una realtà che chiunque abbia frequentato gli stadi conosce alla perfezione. L’extraterritorialità di fatto delle curve “concesse“ alla gestione dei gruppi ultrà, vere e proprie organizzazioni piramidali dedite apparentemente al sostegno più caloroso delle squadre di calcio, in realtà a fare affari. Illeciti o borderline, il più delle volte è difficili distinguere.
Guardate la fotografia di San Siro, durante Inter-Sampdoria di sabato sera, osservate la perfezione dello spazio in curva Nord lasciato vuoto per ordine degli ultras, all’arrivo della notizia dell’agguato mortale ai danni di Vittorio Baiocchi, 69 anni, da sempre leader riconosciuto della “Nord”, tornata a comandare a piede libero dal 2018 dopo un totale di 26 anni di galera per una collezione variegata di reati. In quella perfezione geometrica dello spazio lasciato vuoto in segno di lutto, c’è la plastica rappresentazione dell’area del più famoso stadio d’Italia sottratta al controllo dello Stato. Un’area fisica, ma ancor più ideale, in cui l’importanza della legge è relativa, per usare un eufemismo.
A dirla tutta, in cui da decenni le leggi le emanano e fanno rispettare direttamente gli ultras. Gestire l’ordine pubblico è uno dei lavori più delicati in assoluto e recentissimi fatti dall’estero ci ricordano cosa possa significare presentarsi impreparati a eventi di massa. Controllare, circoscrivere e non reprimere finisce per essere l’unica scelta possibile, in un contesto in cui dalla politica alle società di calcio tutti scelgono di convivere. Quanto a queste ultime, è assordante il silenzio dell’Inter su quanto accaduto sabato sera, con centinaia di tifosi normali, famiglie, bambini, ragazzini, anziani allontanati a suon di minacce. Fra i club, chi ha scelto la linea del contrasto ha pagato con anni di durissime contestazioni, minacce sul piano personale, atmosfere irrespirabili.
Si aggiungono alla lista non pochi giornalisti, quella specifica categoria di cronisti e commentatori dediti a una singola squadra, per cui determinati colori diventano la fonte di reddito e notorietà. Non esattamente la migliore posizione da cui per poter dire qualcosa di scomodo su gente pronta bollarti come traditore appena ti discosti dalla favola nera della “mentalità ultras“ o dagli interessi della singola società.
Il neo ministro Abodi, che dal mondo del calcio arriva, ha definito quanto accaduto sabato “intollerabile“. Bene, bravo, bis. Ora, i fatti.
di Fulvio Giuliani
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