Manovra, Cida: si abbatte solo su pensioni del ceto medio, pensionati si mobilitano
Roma, 16 dic. (Labitalia) – Oggi più di 50mila pensionati aderenti a tutte le Federazioni di Cida, la rappresentanza della dirigenza e le alte professionalità di tutti i settori socio produttivi, pubblici e privati, hanno dato vita ad una mobilitazione online per dire ‘no’ ad una manovra iniqua, che continua a pesare su chi ha già dato molto e vuole che si ristabilisca un rapporto di fiducia e rispetto con lo Stato.
“Le modifiche – ha affermato Stefano Cuzzilla, presidente Cida – apportate al sistema di rivalutazione danneggiano ulteriormente chi oggi ha una pensione che è il frutto di anni di lavoro e contribuzione. Non è la prima volta che accade ma ora, in un contesto di inflazione a due cifre, che invece non fa distinzioni, le penalizzazioni sui pensionati non sono più sostenibili. Il punto non è negare il sostegno a chi ha meno, ma fare chiarezza sui conti”.
“Finché – ha spiegato – non separeremo la previdenza dall’assistenza, finché non arresteremo il drenaggio di risorse dalla spesa previdenziale a quella assistenziale, finché non chiariremo come mai in questo Paese ci sono oltre 6 milioni di pensionati con assegni fino a 2 volte il minimo, qualsiasi intervento sul sistema pensionistico sarà discriminatorio e iniquo verso chi quel sistema lo ha sempre sostenuto e, mi viene da dire, è tra i pochi che continua a farlo”.
Il nuovo schema di rivalutazione degli assegni previsto dalla Legge di Bilancio per il 2023 si quantificherà per i pensionati con trattamenti sopra i 2.500 euro lordi (meno di 2.000 euro il netto) in una perdita a 10 anni dai 13mila euro in su; valore destinato a salire progressivamente fino ai 115mila per i percettori di assegni oltre i 10mila euro lordi (6.000 circa il netto). Un provvedimento che tende a penalizzare proprio quanti hanno versato più tasse e contributi, sostenendo attivamente la tenuta del welfare italiano, e non esente da possibili profili di incostituzionalità con particolare riferimento alle quote di pensione calcolate con metodo contributivo, il quale prevedrebbe la rivalutazione piena degli assegni.
È questa la fotografia scattata dall’ultimo Osservatorio sulla spesa pubblica e sulle entrate realizzato dal Centro studi e ricerche itinerari previdenziali, con il sostegno di Cida: lo studio, che analizza la storia dell’adeguamento delle pensioni all’inflazione concentrandosi in particolare sul meccanismo introdotto dal governo, è stato presentato in anteprima questa mattina durante la mobilitazione. La pubblicazione sarà disponibile per la consultazione a partire dalla prossima settimana sul sito Itinerari previdenziali.
“Con l’occasione della manovra finanziaria – ha commentato Alberto Brambilla, presidente del Centro studi e ricerche itinerari previdenziali – il neonato governo è intervenuto sul biennio 2023-2024, prevedendo un meccanismo che rivaluta le pensioni sociali, gli assegni sociali e le pensioni al minimo addirittura del 120% dell’inflazione prevista e peggiora tremendamente tutte quelle oltre 5 volte il TM. Da ormai troppi anni, oltre un ventennio, stiamo assistendo – a una deformazione del sistema previdenziale italiano che, progressivamente, trasferisce risorse dalle pensioni all’assistenza, con il risultato di penalizzare quella fascia di pensionati che, nel corso della propria lunga vita attiva, hanno dichiarato redditi pari o superiori a 35.000 euro e versato contributi e imposte pari a oltre il 60% dell’Irpef totale, oltre ai contributi sociali e alle imposte dirette. Tasse che i 6 milioni di beneficiari di pensioni fino a 2 volte il minimo sostanzialmente non pagano e che i percettori di prestazioni tra 2 e 4 volte il TM pagano in misura ridotta”.
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