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Vale tantissimo

Valentino Rossi, una ‘macchina del tempo’ capace di segnare diverse epoche mediatiche e non solo. Nel suo futuro sportivo lo immaginiamo in avventure più adatte al suo carattere di Peter Pan.
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Valentino Rossi, una ‘macchina del tempo’ capace di segnare diverse epoche mediatiche e non solo. Nel suo futuro sportivo lo immaginiamo in avventure più adatte al suo carattere di Peter Pan.
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Valentino Rossi, una ‘macchina del tempo’ capace di segnare diverse epoche mediatiche e non solo. Nel suo futuro sportivo lo immaginiamo in avventure più adatte al suo carattere di Peter Pan.
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Valentino Rossi, una ‘macchina del tempo’ capace di segnare diverse epoche mediatiche e non solo. Nel suo futuro sportivo lo immaginiamo in avventure più adatte al suo carattere di Peter Pan.
Cosa si può scrivere sull’addio di Valentino Rossi alle gare che, oltre a non essere stato già scritto, non suoni come un coccodrillo in vita o una macedonia di buoni sentimenti un po’ barocchi? Per quanto possa apparire paradossale, i grandissimi personaggi corrono sempre il rischio di essere salutati in modo scontato. È il loro stesso ‘mito’ a rendere complesso trovare una chiave originale. Dovendo scegliere, di Valentino Rossi ci piacerebbe sottolineare il suo essere stato una ‘macchina del tempo’ con consapevolezza assoluta, almeno dopo i primissimi anni di carriera. Fedele non tanto al suo personaggio, ma al suo Io più autentico. Sempre per quanto si possa intuire a distanza. Una ‘macchina del tempo’ perché agonisticamente ha segnato l’ultimo scorcio dell’era delle ‘500’ due tempi, veri e propri mostri meccanici quasi impossibili da domare. Poi ha interpretato come nessun altro, imponendo uno stile di guida inimitabile per anni, il passaggio ai quattro tempi della MotoGP, per approdare infine alle moto di oggi. Profondamente mutate dall’elettronica e dall’aerodinamica. Dal punto di vista sportivo, considerata l’evoluzione tecnologica qui riassunta, possiamo tranquillamente parlare di un miracolo pressoché irripetibile. Ancor più importante, in realtà, l’aver segnato diverse epoche mediatiche – quando cominciò a vincere i social non esistevano neppure – restando oggetto di un costante affetto popolare. Da quando era solo un ragazzino a oggi, uomo fatto e prossimo padre. In un mondo, quello delle moto, che intanto si proiettava verso un giovanilismo esasperato, la sua è un’eccezione assoluta. Mentre viaggiava con noi nel tempo, Valentino restava ferocemente attaccato a sé stesso, anche se ci abbiamo messo un po’ a capire quanto fosse sincero. Diciamo la verità, molti non amavano per nulla le scenette con cui Rossi ha accompagnato per lungo tempo i suoi trionfi, giudicandole eccessive e talvolta anche irrispettose. In realtà, quei giochi di società (puntualmente organizzati dai suoi amici più stretti e da veri e propri capi tifosi, altro fenomeno unico a lui legato) rispecchiavano i riti del mondo privato che Valentino Rossi ha sempre messo davanti a tutto. La cerchia più intima, l’universo con baricentro Tavullia, gli stessi amori ben poco ostentati, per la media di personaggi del suo calibro. Il ragazzino- ragazzo prima e l’uomo poi hanno sempre protetto questa sua dimensione, eleggendola a ‘casa’. Infatti è a Tavullia che è sempre tornato, non perché – come qualcuno ha acidamente fatto notare – fosse andata male con il fisco. Perché è esattamente lì che voleva stare. Quanto al suo futuro sportivo, ci permettiamo di esprimere un minuscolo desiderio: non tanto vederlo al ‘muretto’ della MotoGp, anche se crediamo sia assolutamente nelle sue corde scovare e far crescere nuovi talenti, ma immaginarlo in avventure più adatte al suo carattere di Peter Pan. Cresciuto, ma mai ‘troppo’. La 24 ore di Le Mans, di cui si sussurra, è un esempio perfetto. Per restare pilota ancora un po’, sé stesso per sempre e portare in giro il suo modo di essere superstar. Così, all’italiana. A prestissimo, Vale!   di Diego de la Vega

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