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Aggravio

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Promettere sgravi programmando aggravi è uno sport dei nostri politici senza politica che diventano, quindi, vagamente inutili.
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Promettere sgravi programmando aggravi è uno sport dei nostri politici senza politica che diventano, quindi, vagamente inutili.
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Promettere sgravi programmando aggravi è uno sport dei nostri politici senza politica che diventano, quindi, vagamente inutili.
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Promettere sgravi programmando aggravi è uno sport dei nostri politici senza politica che diventano, quindi, vagamente inutili.
Me lo trovate, per favore, un politico che non sia per la diminuzione della pressione fiscale? Già che vi mettete alla ricerca, me ne trovate uno che non sia per l’aumento di questa o quella spesa? Siccome non li troverete, in mezzo alla marea di quelli che vogliono meno tasse e più spese, vi sarà chiaro in che consiste il problema: hanno smesso di fare politica. E i politici senza politica diventano vagamente inutili, il che spiega il proliferare di quanti ben rispondono a questo non esaltante profilo. Promettere sgravi programmando aggravi è sport avvincente per gli amanti del raggiro, ma si risolve in un rumoroso nulla. Fra il tortellino e lo zampone sarà approvata la legge di bilancio, nella rituale corsa che si conclude con il rituale traguardo. Tutto secondo tradizione. Stiamo ai fatti: attorno all’equilibrio dei saldi si muove un pulviscolo di abbozzi senza senno. Forza Italia avrebbe voluto aumentare le pensioni minime a 1.000 euro, il che sarebbe costato 36 miliardi l’anno, che non ci sono. Se anche ci fossero stati sarebbe stato interessante guardare la faccia di quelli che prendono una pensione da 1.000 euro con i contributi effettivamente versati, raggiunti da quanti versarono meno o nulla. Non essendoci soldi per finanziare questa genialata, ci si è accontentati di aumentare le minime in ragione dell’età (ma che criterio è?), al prezzo di 859 milioni in due anni. Prego segnare, perché qualcuno deve pagare. Questo avviene avendo l’Italia una spesa per le pensioni pari al 17,6% del prodotto interno lordo, superati solo dalla Grecia, a dimostrazione non certo dell’equità sociale ma della dispendiosa e sperequata iniquità. La media dell’Unione europea è al 13,6%. La Germania si ferma al 12,6%. Spendiamo più degli altri europei – ovvero degli altri Paesi ricchi in cui nessuno fa la fame – e la gara politica è a chi riesce a trovare lo scivolo per fare andare prima in pensione e/o aumentare quelle in pagamento. Ergo chi lavora non potrà pagare di meno, altrimenti la baracca delle regalie s’accartoccia. Siccome la scena è piena di politici che promettono più pensioni e meno cuneo fiscale, ne deriva che anziché cercare il retroscena si dovrà stabilire se tenersi l’avanspettacolo. Nel Paese in cui quasi tutte le famiglie hanno una casa di proprietà e sui conti correnti sono fermi 2mila miliardi di euro, fa impressione che 50 miliardi siano stati ritirati per pagare le bollette. Ci si dovrebbe impressionare anche, però, del fatto che è il medesimo Paese in cui tutti reclamano d’essere aiutati. Che è il medesimo Paese in cui le imprese fanno sapere che il 41% dei lavori che offrono restano senza lavoratori adeguati. Una enormità. Ma mettiamo che stiano mentendo, gli imbroglioni; diciamo che sono il 30%, anzi no: diciamo che sono la metà, il 20%. Comunque i conti non tornano, perché basta formare le persone – che mica si dev’essere tutti ingegneri aerospaziali – e quei lavori trovano il loro lavoratore che guadagna e paga contributi e imposte. Invece abbiamo una disoccupazione altissima. Ma abbiamo anche la più alta evasione europea dell’Iva, il che significa avere la più alta evasione anche fiscale (fatture mai emesse) e contributiva (lavori in nero). Ed ecco che i conti cominciano a tornare: abbiamo una spesa pubblica alta e disfunzionale, un’evasione alta che sottintende lavori e pagamenti in nero; il che spiega i redditi bassi e i consumi non altrettanto e aiuta a capire le richieste d’aiuto, che servono a mascherare l’insieme. I politici non sono marziani ma figli di questo mondo, sicché si presentano promettendo i soldi di altri e assicurando che prenderanno meno. Il nero (si sa) sfina, il Pos (s’è capito) sfila. Il solo modo per tenere assieme questo autentico falso nel racconto collettivo è dire che si è sempre in crisi e alla fame, anche dopo due anni di crescita imponente e diminuzione del peso percentuale del debito pubblico. Il fastidioso aggravio è ammettere che ce la meritiamo, questa roba.   di Davide Giacalone  

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