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Dal Metaverso alle paranoie sociali

Il Metaverso è la tecnologia che tiene tutti col fiato sospeso per i suoi sviluppi futuri. Non solo in chiave economica, ma per le paranoie sociali che potrebbe generare
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Dal Metaverso alle paranoie sociali

Il Metaverso è la tecnologia che tiene tutti col fiato sospeso per i suoi sviluppi futuri. Non solo in chiave economica, ma per le paranoie sociali che potrebbe generare
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Dal Metaverso alle paranoie sociali

Il Metaverso è la tecnologia che tiene tutti col fiato sospeso per i suoi sviluppi futuri. Non solo in chiave economica, ma per le paranoie sociali che potrebbe generare
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Il Metaverso è la tecnologia che tiene tutti col fiato sospeso per i suoi sviluppi futuri. Non solo in chiave economica, ma per le paranoie sociali che potrebbe generare
Ha gli avi nei miti greci, la mamma nell’interpretazione psicoanalitica dei sogni, la nascita anagrafica nel fantascientifico romanzo “Snow Crash” di Neal Stephenson (1992), il battesimo nel parto prematuro del mondo virtuale online in tre dimensioni (3D) Second Life (2003) e il lancio globale nel marketing di Mark Zuckerberg (agosto 2021) con la conseguente ininterrotta cassa mediatica (solo temporaneamente silenziata, in queste settimane, dal fenomeno ChatGPT, divo d’intelligenza artificiale). Parliamo del Metaverso, nome dal suono cyber-colto irresistibile. Per ora, forse è soprattutto una rampante multicefala operazione pro investimenti sui futuri mondi della realtà virtuale (RV), aumentata (RA) e mista (RM), dove si vogliono tutti gli 8 miliardi di umani del pianeta protagonisti paganti, con il proprio doppio (avatar) rappresentazione in 3D di noi stessi, più o meno volutamente somigliante. Semplifico al massimo: sono dentro un Metaverso se il mio avatar interagisce con altri avatar in un ambiente navigabile e immersivo, indossando degli occhiali speciali o un visore (avvolgente, come una maschera per nuotare sott’acqua in apnea). Per esempio mi trovo immerso nei nuovi impianti sportivi virtuali (dentro i modelli creati al computer in scala 1:1) delle prossime Olimpiadi insieme ai progettisti e ai dirigenti sportivi (siamo presenti con i nostri avatar) per analizzare “di persona”, passo passo, le strutture che dovranno essere costruite. Anche per il Metaverso la domanda ineludibile è la stessa, percussiva, usata per anni di fronte al boom di Internet o dei cellulari oppure adesso delle criptovalute, degli Nft, dell’intelligenza artificiale o della blockchain: è una bolla o un sicuro business dalle magnifiche sorti e progressive? La forse un po’ influenzata conclusione degli analisti è che gli investimenti siano troppi per essere una bufala (per esempio $10 miliardi a testa sia di Microsoft che di Meta) e che – iniziando da videogiochi, applicazioni mediche, simulazioni militari e nuovi social network – il Metaverso stia duplicando incalzantemente “tutto e tutti” in un 3D immersivo, reale o di fantasia che sia. Proiezioni rassicuranti prevedono un valore di $250 miliardi entro il 2028 per il mercato delle RV, RA (con 1,7 miliardi di utenti mobili attesi nel 2024) e RM – gli ambienti virtuali base del Metaverso – e stimano che due anni dopo il mercato globale del Metaverso dovrebbe raggiungere $678,80 miliardi. Sull’onda di altre rosee previsioni, entro il 2030 i Metaversi dovrebbero aggiungere $5 trilioni all’economia globale – la mèta è la realizzazione di una piena economia 4.0 – con una presenza sempre più determinante del commercio online, dall’apprendimento virtuale (digital learning), della pubblicità e dell’industria dei giochi digitali. Nota bene. In questa loro pianificata ossessione per la duplicazione/sostituzione del mondo, i Metaversi attizzano alla massima potenza la volontà implicita o esplicita, interiore o esposta – certo mercificata – di tutti gli abitanti del pianeta a mettersi a disposizione degli oligarchi del digitale connesso, con la totalità dei propri dati di vita e perfino post mortem. Sempre, comunque e ovunque. Ci venderanno schiere di nostri doppi – avatar, robot, chat-bot, ecc. – con la promessa di meta-iper-utilità e di meta-ultra-socializzazioni. C’è il rischio di ritrovarci in un mondo terrificantemente irreversibile di paranoie collettive? Sì, c’è. Di Edoardo Fleischner

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