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Carcere in numeri, ristretti e ammucchiati

Non è facile parlare di carcere in Italia. Ti prendono per disfattista, buonista, garantista peloso
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Carcere in numeri, ristretti e ammucchiati

Non è facile parlare di carcere in Italia. Ti prendono per disfattista, buonista, garantista peloso
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Non è facile parlare di carcere in Italia. Ti prendono per disfattista, buonista, garantista peloso
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Non è facile parlare di carcere in Italia. Ti prendono per disfattista, buonista, garantista peloso

Non è facile parlare di carcere in Italia. Ti prendono per disfattista, buonista, garantista peloso. L’unico modo per disarmare l’interlocutore di quelli che «Butterei via la chiave», «Credono di stare al grand hotel?» e «Potevano pensarci prima» è far parlare i numeri. I migliori sono quelli di Antigone, che li raccoglie ogni anno monitorando decine di penitenziari su tutto il territorio nazionale e li pubblica in un rapporto che lascia ben poco margine a contestazioni strumentali. L’ultimo è appena uscito e già nelle sue prime pagine contiene un dato che si fa fatica a mandar giù come se niente fosse: dei 97 istituti di pena visitati nel corso del 2022 dagli osservatori di Antigone, il 20% è stato costruito fra il 1900 e il 1950. E un altro 20% addirittura nel XIX secolo.

In strutture con una carta d’identità del genere lo Stato stipa ogni anno sempre più persone, fingendo di dimenticare la capienza ufficiale di 51.249 posti e i 3.646 spazi non disponibili per motivi vari: ad aprile di quest’anno i detenuti presenti erano 5.425 in più del dovuto. Si chiama sovraffollamento e il tasso medio nazionale è al 119%: vuol dire che circa il 20% dei detenuti viene sistemato in condizioni precarie. Una situazione che in alcune regioni raggiunge livelli intollerabili: in Lombardia è al 151,8%, in Puglia al 145,7%, in Friuli Venezia-Giulia al 135,9%. Ci sono carceri zeppe da far spavento: il primato assoluto spetta a Tolmezzo, in provincia di Udine, con il 190% di sovraffollamento. Ma anche San Vittore a Milano e gli istituti di Varese e Bergamo non scherzano (tutti sopra il 178%). Con questi numeri, se non siamo ultimi in Europa è soltanto perché ci sono Cipro e Romania capaci di far peggio di noi.

Nonostante tutto, negli ultimi dodici mesi i posti a disposizione sono aumentati. Ma la percentuale, già di per sé irrisoria (+0,8%), non può bastare a tenere botta all’incremento dei detenuti, che è stato di quasi cinque volte superiore (+3,8%). La causa numero uno di questo boom di presenze non è una novità: come sempre è la custodia cautelare, che pesa per un 26,6% sul totale delle presenze dietro le sbarre. Significa che dentro le nostre carceri ci sono oltre 14mila detenuti in attesa di sentenza definitiva, dunque tecnicamente ancora non colpevoli e potenzialmente destinati a incrementare il numero delle vittime indennizzate per ingiusta detenzione (539 nel 2022, secondo Errorigiudiziari.com).

Almeno c’è una buona notizia: la percentuale di persone in carcerazione preventiva continua a scendere, se è vero che undici anni fa era del 40,8% e che soltanto negli ultimi tre anni ha perso altri 3 punti percentuali. Peccato però che ci si ostini ad applicare soprattutto la custodia cautelare in carcere (500 misure in più rispetto all’anno precedente), a scapito degli arresti domiciliari senza braccialetto elettronico (-1.500). Unico, piccolo motivo di conforto: i domiciliari con braccialetto sono passati dai 2.808 del 2021 ai 3.357 dell’anno scorso.

di Valentino Maimone

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