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Mamme

Mamme e non, il welfare aziendale non è la sola soluzione

A 15 anni dalla nascita di un figlio, essere mamme lavoratrici significa guadagnare circa la metà dello stipendio di una collega che non ha figli
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Mamme e non, il welfare aziendale non è la sola soluzione

A 15 anni dalla nascita di un figlio, essere mamme lavoratrici significa guadagnare circa la metà dello stipendio di una collega che non ha figli
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Mamme e non, il welfare aziendale non è la sola soluzione

A 15 anni dalla nascita di un figlio, essere mamme lavoratrici significa guadagnare circa la metà dello stipendio di una collega che non ha figli
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A 15 anni dalla nascita di un figlio, essere mamme lavoratrici significa guadagnare circa la metà dello stipendio di una collega che non ha figli

Non tutti i problemi hanno una soluzione e non tutte le soluzioni esauriscono in toto il problema. Ma vale sempre la pena provare. La relazione annuale di Bankitalia ha evidenziato il divario salariale non fra uomini e donne bensì fra donne con e senza figli. Ricordiamo il dato: a 15 anni dalla nascita di un figlio, essere una madre lavoratrice significa guadagnare circa la metà dello stipendio di una collega che non ha figli. Un reportche dovrebbe gettare nello sconforto tutti (chi è genitore come chi non lo è), visto che è ormai chiaro come la gravissima crisi demografica in atto si ripercuoterà sulla comunità, senza esclusioni. E che fa il governo per risolvere il problema? Concentra i suoi sforzi sul dossier “maternità surrogata”, tema da affrontare ma che riguarda pur sempre una minoranza.

I dibattiti, le frasi di circostanza, gli appelli a fare figli non bastano però a contrastare le ondate di negativismo che dati come quelli di Bankitalia diffondono nell’opinione pubblica. Soprattutto fra i più giovani, quelli che a breve dovrebbero figliare. Più delle parole servono asili nidi, attività extrascolastiche per i bimbi più grandi, incentivi che abbattano le disparità, sostegni reali alle famiglie affinché la vita con figli non appaia un flagello fatto di continue privazioni e sacrifici. Tutti costi che, evidentemente, non possono gravare soltanto sulle aziende e sulla loro capacità di “fare welfare ma che richiedono, come cantava qualcuno, partecipazione.

di Ilaria Cuzzolin

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