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Da medici base Smi sì a dipendenza, ‘di libera professione resta poco’

22 Giugno 2023

Roma, 22 giu. (Adnkronos Salute) – Sì alla dipendenza per i medici di famiglia: “Della libera professione ci rimane ormai solo il ‘rischio di impresa’ che non viene compensato neanche dai guadagni, considerato che il potere d’acquisto dei nostri stipendi è ridotto del 50%, e” vista “la mancanza di tutele che ci vede in crisi personale e familiare in caso di infortunio o lunga malattia”. Così Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici italiani (Smi), che apre, con una svolta storica, alla possibilità di lavoro dei medici di famiglia come dipendenti del servizio sanitario pubblico.

“Le ultime affermazioni del ministro della Salute Orazio Schillaci, l’istituzione della scuola di specializzazione in Medicina generale, l’assunzione a dipendenza dei medici che lavoreranno nelle Case di Comunità e il passaggio a dipendenza volontario per i colleghi attualmente a contratto di convenzione non ci trova contrari – afferma Onotri – Questo perché può essere un modo di dirottare parte dei fondi del Pnrr previsti per la costruzione e ristrutturazione delle Case di Comunità sul personale sanitario e anche perché sarebbe un modo di superare uno strumento contrattuale obsoleto, la convenzione dei medici di medicina generale, che non tiene conto, come si evince dai vari atti di indirizzo della Conferenza Stato-Regioni che si sono succeduti nel tempo, dello sforzo umano, personale e organizzativo della categoria che ha rappresentato”, nel triste elenco dei medici morti per Covid, “oltre la metà” delle vittime.

“Abbiamo di fatto perso nel tempo, di convenzione in convenzione – analizza la leader Smi – la possibilità di esercitare la libera professione. In cambio ne abbiamo ricavato un demansionamento progressivo, una burocratizzazione del nostro lavoro senza precedenti, che esplicita la volontà di un controllo della parte pubblica ormai ossessivo sulla nostra attività”. In attesa del passaggio a dirigenza della medicina generale, per Onotri “si dovrebbe ipotizzare una nuova convenzione che renda omogenee le aree contrattuali previste all’interno degli accordi di medicina generale introducendo da subito la possibilità di poter usufruire dei benefici della legge 104 (già prevista per gli specialisti ambulatoriali), le ferie, il Tfr, la malattia di cui godono i medici della medicina dei servizi che lavorano a quota oraria all’interno di strutture pubbliche”.

“C’è necessità – ha aggiunto la segretaria Smi – di introdurre nel nuovo accordo il concetto di pari opportunità, sicurezza, conciliazione vita-lavoro, adeguata retribuzione e valutazione standard dei carichi di lavoro che sicuramente non si esplicitano nelle ore di front office che svolgiamo in ambulatorio. Questo per attirare nel sistema pubblico le nuove leve e per dare risposte a una professione che si declina sempre più al femminile”.

“Dobbiamo essere ben coscienti che o ci salviamo tutti o nessuno, e di una ‘libera professione dipendente’ come quella che attualmente esercitiamo non sappiamo che farcene. Se continuiamo così, ben venga la dipendenza per chi vuole. Nel frattempo si deve procedere a una nuova convenzione in tempi stretti”, conclude Onotri.

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