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Fabrizio Bentivoglio

Eroe Ambrosoli, parla Fabrizio Bentivoglio

Nel 1995 esce nelle sale la pellicola diretta da Michele Placido “Un eroe borghese” con un giovanissimo Fabrizio Bentivoglio che si racconta per La Ragione
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Eroe Ambrosoli, parla Fabrizio Bentivoglio

Nel 1995 esce nelle sale la pellicola diretta da Michele Placido “Un eroe borghese” con un giovanissimo Fabrizio Bentivoglio che si racconta per La Ragione
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Eroe Ambrosoli, parla Fabrizio Bentivoglio

Nel 1995 esce nelle sale la pellicola diretta da Michele Placido “Un eroe borghese” con un giovanissimo Fabrizio Bentivoglio che si racconta per La Ragione
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Nel 1995 esce nelle sale la pellicola diretta da Michele Placido “Un eroe borghese” con un giovanissimo Fabrizio Bentivoglio che si racconta per La Ragione
Esistono ruoli, nella carriera di un attore, che ti restano addosso e che in quella celebre valigia, cantata da De Gregori, hanno un posto speciale. Quando nel 1995 esce “Un eroe borghese” – pellicola diretta da Michele Placido, che racconta la vicenda dell’avvocato Giorgio Ambrosoli e la sua indagine sulle attività illecite di Michele Sindona – Fabrizio Bentivoglio ha 38 anni, una carriera di quindici anni alle spalle ed è uno dei volti più apprezzati del nostro cinema. «Avevo già girato una ventina di film ed ero reduce dai successi con Salvatores, ma quando fui scelto per interpretare Ambrosoli compresi che quello non sarebbe mai stato un ruolo come gli altri» racconta l’attore milanese, da noi incontrato nella sua casa romana. Tratto dall’omonimo romanzo di Corrado Stajano, il film ripercorre fedelmente non soltanto la sfida che il liquidatore della Banca Privata Italiana dovette affrontare per scoprire la fitta trama di malaffare e mistero che circondava gli affari di Sindona, ma soprattutto l’impatto che quella stagione ebbe sulle proprie vicende personali. «Sapeva di affrontare qualcosa più grande di lui» afferma Bentivoglio. «Nonostante tutto scelse però di resistere, pur dovendo bilanciare il suo dovere di uomo dello Stato e quello di privato cittadino, con una famiglia da isolare e da proteggere». Quando il film arrivò nelle sale, ad amplificarne l’impatto sul pubblico fu anche il particolare momento che il nostro Paese stava attraversando. «Era un film che molti considerarono di denuncia e che uscì dopo il crollo della prima Repubblica, in un’epoca nella quale ci s’interrogava sul periodo storico appena trascorso» ricorda Bentivoglio. «La figura di Ambrosoli colpì l’immaginario collettivo perché molti ci videro dei tratti comuni con i fatti di cronaca più recenti, con le indagini della magistratura e la necessità di portare a galla i lati oscuri di un sistema vittima della corruzione». Nella realtà l’impresa di Ambrosoli fu compiuta a caro prezzo. L’11 luglio 1979 quattro colpi di pistola lo attendevano sotto il portone della sua abitazione milanese. Ad esploderli William Joseph Aricò, killer ingaggiato proprio da Sindona. L’inchiesta aveva portato alla luce una rete che collegava l’Italia e gli Stati Uniti, il potere finanziario e la mafia italo- americana. Durante le indagini, dal mondo politico, il solo Ugo La Malfa mostrò pieno sostegno all’avvocato milanese, mentre il maresciallo della Guardia di Finanza Silvio Novembre, col quale aveva lavorato fianco a fianco, gli fece praticamente da guardia del corpo dato che nessuno aveva ritenuto opportuno concedergli la scorta. «Quel ruolo ha cambiato non soltanto la mia carriera, ma in un certo senso anche la mia vita» conclude Bentivoglio. «È stata una delle interpretazioni che continuo a portare con me ancora oggi, a distanza di anni, e che mi ha toccato più in profondità, grato di aver contribuito a raccontare questa storia per far sì che non venga dimenticata». di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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