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Il buonsenso della Mostra di Venezia

Il buonsenso della Mostra di Venezia

In un’epoca integralista come questa, invitare al Festival del Cinema di Venezia registi scomodi come Woody Allen e Roman Polanski diventa un gesto eroico
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Il buonsenso della Mostra di Venezia

In un’epoca integralista come questa, invitare al Festival del Cinema di Venezia registi scomodi come Woody Allen e Roman Polanski diventa un gesto eroico
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Il buonsenso della Mostra di Venezia

In un’epoca integralista come questa, invitare al Festival del Cinema di Venezia registi scomodi come Woody Allen e Roman Polanski diventa un gesto eroico
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In un’epoca integralista come questa, invitare al Festival del Cinema di Venezia registi scomodi come Woody Allen e Roman Polanski diventa un gesto eroico
Questa è l’epoca del politicamente corretto, dell’ideologia woke, della caccia alle streghe. La cancel culture come stella polare. Ma fortunatamente c’è chi non si preoccupa di questa ondata integralista: parliamo di Alberto Barbera, direttore della Mostra di Venezia. Perché? Perché nel 2023 serve una dose generosa di coraggio per invitare al festival cinematografico più importante al mondo – insieme a quello di Cannes – due registi come Roman Polanski e Woody Allen. Due maestri della settima arte, due punti di riferimento per diverse generazioni. Ma anche due persone in qualche modo scomode: Polanski per un reato sessuale commesso nel 1977, Allen per un’accusa mai dimostrata in tribunale. Entrambi hanno continuato a lavorare regolarmente per anni, anzi per decenni, fino all’avvento del #MeToo, un movimento che ha portato tante cose buone ma anche storture difficili da condividere. Polanski e Allen sono diventati il nemico da combattere. Gli untori da cancellare o quantomeno da mettere al bando. Distribuire i loro film è diventata un’impresa, un atto temerario. Poco importa se Polanski ha scontato la sua pena ed è stato perdonato dalla sua vittima, poco importa se Allen non è mai stato condannato per i presunti abusi sulla figlia adottiva. Il buon senso non è ben visto dai componenti di certe correnti, spesso nemmeno dagli addetti ai lavori: basti pensare a tutti quegli attori – giustizialisti e opportunisti, per non dire altro – che hanno rinnegato le collaborazioni con il cineasta newyorkese. Fortunatamente Barbera è riuscito a tenere la barra dritta, conscio dell’importanza di fare una distinzione tra l’artista e l’uomo. La storia del cinema e dell’arte in generale è piena di artisti che hanno commesso crimini, ma non per questo abbiamo smesso di prendere in considerazione e ammirare le opere che hanno prodotto. Forse è giunto il momento per tutti di smetterla di illudersi che un grande lavoro debba essere creato da grandi persone. Un film può essere un capolavoro indipendentemente dalla fedina penale del suo autore, l’arte non riflette necessariamente fedelmente la vita dell’artista. Un certo maccartismo femminista dovrebbe essere accantonato per lasciare spazio al giudizio. Non esistono eroi, non esistono uomini infallibili. Ma esistono e continueranno a esistere opere in grado di tracciare un solco nella storia. Con buona pace degli invasati. di Massimo Balsamo  

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