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Rossi (Sapienza), ‘alopecia areata patologia non riconosciuta’

19 Ottobre 2023

Roma, 19 ott. (Adnkronos Salute) – “L’alopecia areata è una malattia autoimmune rara ma non è riconosciuta come tale. Quindi per prima cosa è necessario l’intervento della politica affinché venga inserita all’interno dei Lea, Livelli essenziali di assistenza. Il riconoscimento della malattia sicuramente può aprire tutta una serie di opportunità per il paziente affinché possa accedere alle cure molto specialistiche”. Lo ha detto all’Adnkronos Salute Alfredo Rossi professore associato presso la Clinica dermatologica Policlinico Umberto l’Università La Sapienza di Roma, intervenendo alla presentazione di “Alopecia Areata Day”, iniziativa illustrata al ministero della Salute alla presenza, tra gli altri, del sottosegretario Marcello Gemmato.

“Il paziente deve poter individuare il medico competente, l’ambulatorio a cui può rivolgersi – sottolinea Rossi – ma soprattutto accedere a tutta quella serie di indagini che possono svelare le altre malattie immunologiche associate all’alopecia areata. In questo modo possiamo rendere il paziente molto più consapevole della sua condizione e avere la possibilità di scoprire altre comorbidità. La persona con alopecia viene assistita a 360°, perché il paziente con alopecia areata non ha solo il problema della perdita dei capelli ma anche un profondo disagio psicologico causato dalla patologia”.

In Italia si stima “ne soffrano poco più di 117.900 persone ma è un dato sottostimato perché noi non vediamo tutte quelle forme di alopecia areata che cominciano con una chiazza e magari in sei mesi, sette mesi guariscono”. Per quanto riguarda invece la “possibilità terapeutica e il follow-up dei nostri pazienti – spiega l’esperto – abbiamo farmaci specifici per l’alopecia areata” come il baricitinib, “fondamentali per una malattia cronico-recidivante dalla quale non si guarisce ma si può andare in remissione per lunghi periodi di tempo”. Alla base della malattia rara che colpisce adulti (più donne che uomini), in particolare nella fascia di età tra i 20 e i 30 anni e bambini tra i 4 e 5 anni, “sicuramente c’è un substrato genetico che determina un disequilibrio del sistema immunitario che accompagna tutte le malattie autoimmuni – conclude Rossi – ma colpisce il fatto che la malattia riguardi una vasta fetta della popolazione”.

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