Ordini medici, ‘allarme su carenza cure a detenuti non può restare inascoltato’
Roma, 30 ott. (Adnkronos Salute) – “Il grido di allarme sulla carenza di assistenza sanitaria in carcere dei detenuti di Rebibbia (ma che vale anche per gli altri istituti di pena) non può restare inascoltato. Attiveremo le istituzioni per quanto possiamo fare noi. E siamo disponibili a sollecitare un tavolo, a trovare soluzioni e per tutto quello che può servire a migliorare il livello di assistenza nelle carceri”. Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), risponde a stretto giro all’appello che gli era stato rivolto solo questa mattina dai detenuti della Casa di reclusione di Rebibbia, Roma, che da qualche anno hanno dato vita al notiziario ‘Non tutti sanno’, realizzato all’interno del penitenziario e che denunciano “cure sempre più difficili in carcere per carenza di medici”.
“La competenza in questo ambito – spiega all’Adnkronos Salute Anelli – è regionale perché da qualche anno la sanità penitenziaria è stata tolta al ministero di Grazia e Giustizia ed è stata affidata proprio alle Regioni. Quindi, per il caso specifico, ho deciso di scrivere al presidente della Regione Francesco Rocca, a nome della Federazione. E, per un confronto più generale, ho già preavvertito il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto, sottoponendogli questo appello, in modo che fosse anche lui allertato su una situazione di profondo disagio e di necessità di salute che si registra all’interno delle carceri. E ci siamo ripromessi di fare insieme, presto, il punto”.
Per quanto riguarda poi la difficoltà di avere camici bianchi nei penitenziari, Anelli ammette: “I medici non ci vogliono andare perché bisognerebbe aumentare gli standard di sicurezza all’interno, per consentire ai colleghi di svolgere la loro attività in maniera regolare. Ci giungono segnalazioni di aggressioni nei confronti dei medici. E’ un ambiente in cui sicuramente oggi la carenza del personale di polizia penitenziaria rappresenta un vulnus per arrivare a una maggiore assistenza ai detenuti perché i medici, se non si sentono sicuri, non ci vanno”, conclude Anelli.
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche