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Commercio

Saper vendere, il fattore umano nel commercio

Appare evidente è la necessità di ragionare su un nuovo modo di pensare e gestire il commercio. Nel suo insieme
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Saper vendere, il fattore umano nel commercio

Appare evidente è la necessità di ragionare su un nuovo modo di pensare e gestire il commercio. Nel suo insieme
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Saper vendere, il fattore umano nel commercio

Appare evidente è la necessità di ragionare su un nuovo modo di pensare e gestire il commercio. Nel suo insieme
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Appare evidente è la necessità di ragionare su un nuovo modo di pensare e gestire il commercio. Nel suo insieme

Non se n’è accorto nessuno, perché proclamare uno sciopero del commercio e della ristorazione a tre giorni dal Natale va un tantino oltre il senso della realtà. Resta comunque che lagitazione è una delle spie della profonda trasformazione (con relativi interrogativi e disagi) che sta interessando il settore. Non ci interessa una sterile disputa sui motivi o sulle percentuali comunque risibili e anche di difficilissima quantificazione di chi abbia aderito. Ciò che appare evidente è la necessità di ragionare su un nuovo modo di pensare e gestire il commercio. Nel suo insieme.

Per anni abbiamo paventato la morte dei negozi di prossimità, per molti destinati all’estinzione in seguito all’affermarsi della grande distribuzione e dell’online. Non è accaduto e non accadrà, ma non basta aver superato questo scontro che aveva assunto ormai connotazioni puramente ideologiche. Bisogna rendersi conto che per restare competitivi nei confronti della grande distribuzione – e in particolar modo delle-commerce il fattore umano risulterà sempre più decisivo. È la qualità di chi fa commercio a fare la differenza, oseremmo dire più della stessa leva del prezzo. Siamo perfettamente consapevoli della forza talvolta dirompente degli acquisti online, soprattutto quando sono agevolati dalla massa critica di colossi modello Amazon. Su quel fronte esclusivo non c’è possibilità di risultare competitivi, è soltanto sul piano del servizio, dell’accoglienza e del ‘saperci fare’ che si può restare in gioco e anche con ottimi risultati.

Facile a dirsi, decisamente meno a realizzarsi, considerato che il settore – vale sia per i negozi che per i ristoranti – soffre spesso e tuttora dell’idea superata secondo cui in qualche modo ci si possa inventare o arrangiare. Nulla di più sbagliato: se vuoi vendere o se vuoi fare ristorazione di livello puoi soltanto avvalerti di professionisti adeguatamente formati. Quante volte ci capita, facendo shopping o andando in un ristorante, di restare basiti dal livello di improvvisazione e dilettantismo? Responsabilità (del) personale in primis, ma quanto si è fatto per istruire, far crescere, formare i giovani e meno giovani con cui ci troviamo ad avere a che fare? La verità è che molti considerano queste professioni ancora un ripiego.

Sarebbe ora di smetterla una volta per tutte (e le feste sono un’occasione propizia per farlo) di insistere sul tema degli stipendi bassi e del presunto sfruttamento. Come se si potessero definire in modo così frettoloso le intere categorie del commercio e della ristorazione. Levoluzione di questo mondo dovrebbe spingere a una riflessione sulla qualità del servizio da offrire alla clientela, unico elemento in grado di fare la differenza. Lo ripetiamo. Parliamo di lavori che per loro natura risultano oggettivamente scomodi, impegnano quando gli altri riposano (weekend vi dice nulla?), si fatica di più quando per la maggioranza delle persone è vacanza o arrivano i giorni dello shopping compulsivo e della voglia di mangiar fuori con amici e parenti.

Quando è sano, il mercato non tutela soltanto il consumatore ma anche chi lavora. Più la concorrenza sale di livello, più ci si disputerà la professionalità. E chi dovesse mirare soltanto a sfruttare i lavoratori e fregare i compratori finirà per essere espulso. Solo in un mercato immaturo e dominato dall’improvvisazione tutto questo non può accadere, perché un lavoro malfatto (e con laria di chi vorrebbe essere ovunque tranne che lì) verrà pagato male. Statene certi.

I dati sulle spese natalizie e sul turismo sono lì a testimoniare la forza e anche la ricchezza del Paese – che non escludono grandi problemi e sacche di povertà – ma ci ricordano anche le gigantesche opportunità offerte da questi settori.

di Fulvio Giuliani La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

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