Perché difendo Mourinho
L’esonero dalla panchina della Roma di Mourinho: uomo difficile e ingombrante per un esercito di benpensanti. Già ci manca
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L’esonero dalla panchina della Roma di Mourinho: uomo difficile e ingombrante per un esercito di benpensanti. Già ci manca
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L’esonero dalla panchina della Roma di Mourinho: uomo difficile e ingombrante per un esercito di benpensanti. Già ci manca
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L’esonero dalla panchina della Roma di Mourinho: uomo difficile e ingombrante per un esercito di benpensanti. Già ci manca
Io difendo Mourinho. Non tanto perché senza di lui il nostro campionato sarà molto più noioso e piatto di quanto già non sia, ma per tutto quello che non è mai andato a genio di quest’uomo difficile e ingombrante a un esercito di benpensanti.
Io difendo Mourinho, perché è troppo facile – oltre che vagamente stupido – giudicare gli ultimi tre esoneri sorvolando sull’assoluta mediocrità delle squadre che gli erano state affidate con una buona dose di cinismo tecnico e finanziario.
Il giochino è stato più o meno questo: chiedere all’allenatore portoghese (e al suo ego smisurato) di moltiplicare i pani e i pesci anche se non proprio di primissima qualità. Il che è poi la storia delle ultime tre esperienze dello Special One alla guida di Manchester United, Tottenham e Roma.
Questo non significa, come ovvio, non vedere il tempo che passa, non osservare che certe “magie” degli anni d’oro non si ripetono più. Significa guardare in faccia la realtà a 360°, non solo le difficoltà dell’uomo e del tecnico, ma anche le mancanze e le ipocrisie di società che prima e dopo di lui hanno continuato a raccogliere poco o nulla.
Chi lo detesta, detesta sostanzialmente la sua arte comunicativa, quella capacità ineguagliata di ergersi a personaggio ben al di sopra degli stessi giocatori e delle proprietà. Perché se qualcuno crede che nel calcio del III millennio – quello dei fondi e dei gruppi – l’ego sia solo una faccenda di Mourinho o in qualche misura annacquato negli organigramma è ben lontano dalla realtà. Si pensi a quello che è accaduto con Paolo Maldini al Milan e con lo stesso portoghese alla Roma. Le personalità ingombrano, le personalità non sono benvenute nel calcio dei “progetti“, uno dei termini più abusati, noiosi e insensati legati al mondo del pallone.
Quelli che “Mourinho è bollito“, non riuscirebbero a tirar fuori un titolo neanche da 10 anni di dichiarazioni, figurati a stabilire l’ombra di un rapporto empatico con i tifosi come il suo. Don Jose li ha sempre “allenati”, costruendo pezzo dopo pezzo un ambiente, un’atmosfera, una mistica intorno alle sue squadre che non si dimentica più. È successo al Porto, è successo all’Inter, al Chelsea, anche a Roma, dove per un paio d’anni non si è trovato un posto libero all’Olimpico per spettacoli non sempre incantati. Perché a incantare ci pensava lui, lo sciamano della tribù. A un certo punto non è più bastato e non siamo così ingenui da non accorgercene, la squadra ha cominciato a rispondere sempre meno.
Forse qualcuno credeva di poter arrivare secondo con questa squadra solo perché c’era Mourinho in panchina. Ora, non avere più la sua scusa potrebbe essere un pessimo affare per la proprietà americana.
Nel frattempo, noia mortale nel 99% delle conferenze stampa degli allenatori e conformismo scadente che qualcuno vuole far passare per grande prodotto televisivo.
José Mourinho già ci manca.
di Fulvio Giuliani
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