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Roccella: “In Italia più facile abortire che partorire”

13 Marzo 2024

Roma, 13 mar. (Adnkronos Salute) – “In Italia è più difficile trovare un ospedale dove andare a partorire piuttosto che uno dove andare ad abortire, come dice la Relazione annuale delle Regioni al Parlamento”. Lo ha detto la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, Eugenia Roccella, a Roma a margine di un convegno di Farmindustria sulla natalità, anticipando il contenuto del suo intervento all’interrogazione in programma oggi al Question time della Camera. “Quindi, se vogliamo porci un problema di salute e femminile – ha aggiunto – dobbiamo porcelo a tutto tondo e quindi anche sul parto e non soltanto sull’interruzione di gravidanza”.

“L’applicazione della legge 194 è in capo soprattutto alle Regioni – ha sottolineato Roccella – Basta leggere la Relazione al Parlamento che viene fatta ogni anno e che parte da una raccolta dati che non ha eguali in Europa, è una raccolta dati molto puntuale e dettagliata. Tra l’altro non manipolabile sul piano politico, perché viene fatta da tutte le Regioni e poi attraverso l’Istat e l’Istituto superiore di sanità i dati vengono elaborati”. Relazione “che dice esattamente il contrario di quello che chiedono gli interroganti”.

“L’accesso all’aborto è assolutamente garantito – ha precisato Roccella – Fra l’altro si sottolinea che, in una situazione in cui ci sono contenziosi su tutti gli ambiti della sanità, non ci sono contenziosi per quanto riguarda l’Ivg, quindi con relativa richiesta dei risarcimenti, anche questo aspetto va sottolineato. Ma comunque il carico di lavoro per i non obiettori, cioè per chi materialmente esegue l’interruzione volontaria di gravidanza, è di meno di un aborto a settimana, lo 0,9%. Quindi non c’è questo carico di lavoro che evidentemente crea un problema sull’obiezione di coscienza”.

“Il problema demografico italiano è enorme – ha aggiunto Rocclla – e non si risolve soltanto con interventi di Governo. Il governo Meloni ha fatto la sua parte e anche con buoni risultati: vediamo l’aumento dei posti di lavoro dell’occupazione femminile. In questo anno e mezzo siamo intervenuti sui congedi, sugli asili, sulla decontribuzione per le donne con due figli, perché sappiamo che la discriminazione e le dimissioni dal lavoro si intensificano proprio al secondo figlio. Ma tutto questo non riuscirà a raggiungere l’obiettivo, se non c’è una collaborazione con le aziende, con gli enti locali, i sindacati, i non profit. Insomma, con chiunque in questo ambito possa giocare un ruolo. Farmindustria è un ottimo esempio della collaborazione che noi chiediamo, in particolare al mondo del lavoro, al mondo produttivo, ma non soltanto, anche a tutti gli attori che possono avere un ruolo sulla questione della natalità”.

“Farmindustria si è occupata di natalità da tempo. C’è il dato positivo della longevità, ma dall’altro c’è quello dell’invecchiamento complessivo della popolazione che vuol dire tante cose: non soltanto il venir meno della sostenibilità del welfare, ma anche meno innovazione, capacità di stare al passo coi tempi, meno energie fresche. Farmindustria ha da tempo questa consapevolezza. Quest’incontro che fa ogni anno è importante, ma soprattutto è importante quello che molte aziende farmaceutiche fanno per la conciliazione fra lavoro e vita privata”. Ha detto la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità. “Proprio adesso – ha sottolineato – Farmindustria ha aderito al codice deontologico che noi abbiamo lanciato. Noi abbiamo due iniziative. Una è la certificazione di genere, su cui abbiamo ottimi risultati, in quanto è stato già raggiunto l’obiettivo che ci eravamo posti per il 2026: sono oltre 1.500 le aziende che hanno aderito, e sono ufficialmente certificate. L’altra è il lancio del codice deontologico che è invece ad adesione volontaria e non prevede premialità, ma implica uno sforzo di collaborazione da parte delle aziende per raggiungere l’obiettivo dell’incremento di natalità”.

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