Gimbe, ‘iniezione da 4 mld l’anno non basterebbe a ridurre gap con Europa’
Milano, 14 mag. (Adnkronos Salute) – “L’incremento del Fondo sanitario nazionale di 4 miliardi di euro l’anno, proposto dai Ddl” in esame in sede referente in Commissione Affari sociali alla Camera, “è superiore al 2,6% previsto dall’Ocse fino al 2035, salvo poi essere inferiore dal 2036: è un’importante iniezione di denaro pubblico per il Servizio sanitario nazionale, tuttavia non sufficiente a recuperare l’enorme gap della spesa sanitaria pro-capite rispetto alla media dei Paesi europei”. E’ quanto segnala Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, fra gli auditi oggi in commissione. Sotto la lente le proposte di legge, tra cui il Ddl Schlein, sul sostegno finanziario al Ssn.
“A parte piccole differenze – analizza – le proposte dei Ddl in esame sull’aumento del Fsn sono sì in linea con il Piano di rilancio elaborato dalla Fondazione Gimbe, ma sono limitate a un arco temporale di 5 anni con un finanziamento aggiuntivo di 4 miliardi l’anno per un totale di 20 miliardi”. Al contrario, “il Piano Gimbe suggerisce un incremento progressivo del finanziamento pubblico per allineare la spesa sanitaria pro-capite alla media dei Paesi europei”, spiega Cartabellotta durante l’audizione. “Dal punto di vista quantitativo, il recente paper dell’Ocse sulla sostenibilità fiscale dei sistemi sanitari entro il 2040 stima un aumento medio della spesa sanitaria nei Paesi del 2,6%, ma prevede al contempo che le entrate attese, fiscali e non fiscali, saranno pari all’1,3%, evidenziando dunque una possibile criticità nella sostenibilità della spesa sanitaria”.
Nelle stime Ocse, fa notare l’esperto, l’Italia si trova al penultimo posto per incremento delle entrate attese (0,2%) e al terzultimo per l’aumento di spesa sanitaria (1,5%). “Situazione che – commenta – in assenza di coraggiose scelte politiche, vede il rilancio del Ssn pesantemente condizionato dalle difficoltà a reperire le risorse necessarie. Negli ultimi 15 anni è bene ribadire che tutti i Governi, di ogni colore, hanno tagliato risorse o non finanziato adeguatamente il Ssn, portando il nostro Paese ad essere in Europa ‘primo tra i Paesi poveri’ in termini di spesa sanitaria pubblica sia in percentuale del Pil, sia soprattutto pro-capite”. Nel 2022, si ricorda, il Belpaese è “davanti solo ai Paesi dell’Europa meridionale (Spagna, Portogallo, Grecia) e a quelli dell’Europa dell’Est, eccetto la Repubblica Ceca”.
Il gap rispetto alla media dei Paesi europei dal 2010 “è progressivamente aumentato, arrivando nel 2022 a 867 dollari, pari a quasi 810 euro, che, parametrato a una popolazione residente Istat all’1 gennaio 2023, per l’anno 2022 corrisponde ad una voragine di 47,7 miliardi di euro. Nell’intero periodo 2010-2022 il gap cumulativo arriva alla cifra monstre di circa 336 miliardi di euro”, si segnala nei dati portati da Gimbe.
“Una progressiva sottrazione di risorse pubbliche che – continua Cartabellotta – ha determinato l’inesorabile indebolimento del Ssn nelle sue componenti strutturale, tecnologica, organizzativa e, soprattutto, professionale”. “I principi fondanti del Ssn, cioè universalità, uguaglianza, equità, sono stati ampiamente traditi – incalza il presidente di Gimbe – e la vita quotidiana delle persone, in particolare delle fasce socio-economiche più deboli, è sempre più condizionata da esperienze che documentano la mancata esigibilità del diritto alla tutela della salute: interminabili tempi di attesa, pronto soccorso affollatissimi, impossibilità di trovare un medico o un pediatra di famiglia vicino casa, necessità di ricorrere alla spesa privata sino all’impoverimento delle famiglie e alla rinuncia alle cure, enormi diseguaglianze regionali e locali sino alla migrazione sanitaria”.
Per 10 anni, ricostruisce Cartabellotta, “Regioni, aziende sanitarie e professionisti hanno lavorato in un contesto iso-risorse che ha progressivamente eroso la resilienza del Ssn, poi travolto dalla pandemia quando già gravemente indebolito”. Successivamente, l’incremento del Fsn post Covid “non ha consentito alcun rinforzo strutturale del Ssn, né ha permesso alle Regioni di mantenere i conti in ordine senza tagliare i servizi o aumentare le imposte regionali”. E arrivando alla legge di Bilancio 2024, “se in termini assoluti è ben evidente il netto incremento del Fsn” per l’anno in corso, “è bene rilevare – rimarca Cartabellotta – da un lato che oltre l’80% è destinato al doveroso rinnovo dei contratti del personale dipendente e convenzionato, dall’altro che l’ultima Manovra non lascia intravedere alcun rilancio del finanziamento pubblico. Gli incrementi previsti nel 2025 (+1%) e nel 2026 (+0,15%) sono talmente esigui che non riusciranno a compensare l’inflazione, né l’aumento dei prezzi di beni e servizi”.
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