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Favo, ‘4 mln vivono dopo diagnosi tumore ma crescono difficoltà e disuguaglianze’

16 Maggio 2024

Roma, 16 mag. (Adnkronos Salute) – In Italia la sopravvivenza per i tumori a 5 anni raggiunge il 60% e quasi 4 milioni di cittadini vivono dopo la diagnosi. A questi dati fortemente positivi, risultato dell’alta qualità del nostro servizio sanitario, si contrappongono difficoltà sempre crescenti di tenuta del sistema in tutti gli ambiti della strategia di controllo dei tumori: dagli screening, con differenze di copertura che superano il 40% tra le regioni del Nord e quelle Sud, alle difficoltà di accesso ai test di biologia molecolare, ai percorsi terapeutici, ai programmi di riabilitazione fisica e psico-sociale, alla ricerca. Lo evidenzia XVI Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici della Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo), presentato in occasione della Giornata nazionale del malato oncologico, che ha individuato 4 priorità: attivazione delle Reti oncologiche, diffusione dei Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali, programmazione e valorizzazione del personale, attivazione della Rete nazionale tumori rari.

Un quadro da cui nasce la richiesta – che ha avuto una risposta positiva immediata, durante l’incontro, dal direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Francesco Vaia – di “istituire quanto prima – ha detto Elisabetta Iannelli, segretaria generale Favo – la cabina di regia nazionale (prevista dall’Intesa Stato-Regioni del 26 gennaio 2023 sul Piano nazionale oncologico) che monitori il piano, ne valuti i risultati e individui i necessari incentivi per le Regioni, anche mediante un’interazione strutturata dei diversi livelli istituzionali, sia a livello nazionale che regionale, con il coinvolgimento attivo del mondo professionale, delle società scientifiche e delle associazioni dei pazienti”.

“Le scelte fatte finora sul piano finanziario – ha continuato Iannelli – non sono certamente idonee a rispondere alle necessità di cura dei malati di cancro. Con il Decreto del ministero della Salute dell’8 novembre 2023 si è provveduto al riparto del Fondo per l’implementazione del Piano oncologico nazionale per il periodo 2023-2027. Alla Lombardia sono destinati poco più di 1.700.000 euro per ciascun anno, alla Basilicata circa 83.000. Si tratta di cifre a dir poco irrilevanti, del tutto insufficienti a raggiungere gli obiettivi previsti dal Pon”. In Italia, nel 2023, sono stimate 395.000 nuove diagnosi di tumore: in 3 anni, l’incremento è stato di 18.400 casi. “La maggiore incidenza e la possibilità di cronicizzare la malattia producono una continua crescita, anche prolungata nel tempo, dei carichi assistenziali”, sottolinea Carmine Pinto, past president Ficog (Federation of Italian Cooperative Oncology Groups), che evidenzia, in questo quadro, la fondamentale utilità dei Pdta.

Per quanto riguarda il personale sanitario, dal 2000 al 2022 si sono spostati all’estero circa 140.000 medici italiani e la maggior parte è impegnata nella ricerca clinica o di base, che non era stato per loro possibile portare avanti nel nostro Paese. “Senza i professionisti cadono i capisaldi del sistema universalistico: equità e uniformità di accesso alla prevenzione, cura e riabilitazione”, afferma Paola Varese, presidente del Comitato scientifico di Favo. “Dobbiamo partire dalle carenze e criticità attuali che, se non colmate – avverte – rischiano di far mancare medici e infermieri nei prossimi 10 anni. L’innovazione, inoltre, sta cambiando il lavoro ed i bisogni professionali in sanità. Sempre di più la medicina si avvarrà di tecnologie che provengono da mondi diversi, dalla medicina di precisione, dalla robotica, dalla digitalizzazione, all’intelligenza artificiale, fino alla realtà virtuale”.

Per quanto riguarda i tumori rari, nel 2023 sono stati finalmente individuati, con la collaborazione di tutte le Regioni, i centri della rete, dice Paolo G. Casali, che coordina la rete professionale dei tumori rari solidi dell’adulto. “Ora è necessario che la Rete nazionale tumori rari possa avviare la sua operatività nelle diverse Regioni, come ha pochi giorni fa deliberato di fare Regione Lombardia. Occorre però che, a livello nazionale, si definiscano indicazioni precise sulle risorse da allocare, in particolare ai centri destinati a erogare i teleconsulti, così come sulla realizzazione dei supporti informatici e di un centro-servizi della rete. Solo così il network europeo delle Ern, cioè le Reti di riferimento europee per le malattie rare, che è stato approvato dalla Commissione europea nel 2017, potrà risultare effettivamente accessibile a tutte le persone colpite da tumore raro sull’intero territorio nazionale”.

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