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Ghemon

“Non sono solo un cantante”, parla Ghemon

La metamorfosi di Gianluca Picariello, in arte Ghemon: “La mia idea di successo non è solo riempire uno stadio”

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“Non sono solo un cantante”, parla Ghemon

La metamorfosi di Gianluca Picariello, in arte Ghemon: “La mia idea di successo non è solo riempire uno stadio”

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“Non sono solo un cantante”, parla Ghemon

La metamorfosi di Gianluca Picariello, in arte Ghemon: “La mia idea di successo non è solo riempire uno stadio”

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La metamorfosi di Gianluca Picariello, in arte Ghemon: “La mia idea di successo non è solo riempire uno stadio”

Dai suoi primi esordi nel mondo della musica attraverso il rap – con “La rivincita dei buoni” (2007), “E poi, all’improvviso, impazzire” (2009), “Qualcosa è cambiato” (2012) e prima di arrivare sul palco di Sanremo con “Rose viola” nel 2019 – qualcosa è cambiato davvero.

Meglio: Gianluca Picariello – in arte Ghemon – si è trasformato. Una metamorfosi, espressa negli anni attraverso i suoi testi, divenuta oggi una nuova fase che prende forma con “Una cosetta così”: un’esibizione nei teatri che unisce musica, comicità e storytelling. Uno spettacolo che non è un concerto, non è un monologo teatrale e neanche uno show comico, ma una combinazione tra questi ingredienti. «Se dico che è solo stand up comedy manca la parte più profonda che è la musica» ci spiega Ghemon. «È un momento di creatività estremamente libero che segna l’inizio un nuovo percorso: non sono più un cantante ma anche tante altre cose che finalmente posso abbracciare e per cui posso farmi conoscere».

Con una sola regola: vietato riprendere lo spettacolo con gli smartphone. «Un aspetto positivo che ho voluto dall’inizio è stato proprio poter contare sul passaparola» spiega il 42enne artista originario di Avellino. Una forma di riservatezza che ricorda molto l’omonimo personaggio del manga “Lupin III” da cui Picariello ha preso ispirazione per il suo nome d’arte: «Quando lo scelsi speravo di diventare più silenzioso e ‘affilato’ dell’originale. All’epoca ero un ragazzino che parlava tanto, chissà che in quella scelta non ci fosse la promessa di quello che sarebbe stato…».

Per chi segue l’artista fin dai suoi esordi la risposta è sicuramente positiva: «In “Una cosetta così” chi non mi conosce trova una persona nuova ma familiare e chi invece mi conosce dal mio primo disco ritrova la stessa persona. Trasformarsi mantenendo un fil rouge è la mia idea di coerenza, mi piace molto quando le persone lo riconoscono». Se gli si chiede quale siano stati i momenti più importanti della sua carriera, a sorpresa non cita la sua esperienza a Sanremo: «La mia idea di successo non è solamente riempire uno stadio. Spesso lo si fa credere, spingendo gli artisti a mettere da parte la loro personalità e le loro peculiarità pur di raggiungere quell’obiettivo, ma ogni tanto si può dire no. Per questo, se penso al mio spettacolo, uno dei momenti più importanti è stato senza dubbio il mio primo open mic nel 2017. Presentarsi sul palco con qualcosa di diverso rispetto a quello che gli altri si aspetterebbero, senza essere mangiati vivi dalla paura. Senza quella piccola serata di allora questo spettacolo non ci sarebbe stato. Insomma, si può avere successo anche in altri modi e non solo immaginando decine di milioni di follower o milioni di spettatori. Ci sono anche obiettivi intermedi e non sono per questo meno ambiziosi».

Parole che richiamano uno dei post di Ghemon più discussi, a proposito di musica e della pressione che spesso viene richiesta agli artisti: «Non penso che sia un problema esclusivo del nostro Paese o comunque dell’industria musicale, ma è proprio il mondo che ha poco tempo per i giovani talenti». Cosa vorresti dire al Gianluca di prima? «Di mandare più persone a quel paese». E a chi verrà a vedere il tuo spettacolo? «Se vi piace ditelo a tutti; ma se non vi piace… beh, fatevi i cavoli vostri».

di Claudia Burgio

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