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Hamas

Hamas nasconde i suoi generali nelle tendopoli

Che un comandante si trovasse in un campo profughi è l’ennesima prova di come Hamas sia solita usare i civili come scudi umani

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Che un comandante si trovasse in un campo profughi è l’ennesima prova di come Hamas sia solita usare i civili come scudi umani

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Che un comandante si trovasse in un campo profughi è l’ennesima prova di come Hamas sia solita usare i civili come scudi umani

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Che un comandante si trovasse in un campo profughi è l’ennesima prova di come Hamas sia solita usare i civili come scudi umani

Come comandante delle Brigate Ezzedin al-Qassam, Deif è il principale nemico di Israele nella Striscia. La tattica del ‘sopra e sotto’, cioè degli attacchi coi razzi e coi tunnel, pare si debba al suo efficace coordinamento bellico. Secondo gli analisti è stato grazie a lui che le milizie di Hamas hanno fatto il salto di qualità da bande armate a gruppi paramilitari capaci di organizzare rapimenti come quello del soldato israeliano Gilad Shalit. Persino il generale iraniano Qasem Soleimani, l’architetto di tutta la rete di proxy dell’Iran ucciso da un ordine di Donald Trump nel 2020, teneva Deif in massima considerazione chiamandolo «caro fratello». L’invasione e l’eccidio del 7 ottobre sono stati chiaramente l’epitome del lavoro ultraventennale di Deif al vertice delle forze militari di Gaza e Israele vuole chiudere i conti con lui per fermare la sua attività strategica.

Al-Mawasi è invece una città palestino-beduina affacciata sul Mar Mediterraneo, grossomodo a metà tra le città gazee di Khan Yunis e Rafah. La fascia costiera meridionale della Striscia di Gaza in cui si trova era ritenuta una delle più sicure al riparo dai bombardamenti israeliani, soprattutto per la sua lontananza dal confine ‘caldo’ col vicino. Nel dicembre del 2023 la stessa Tsáhal (l’Armata di difesa d’Israele) aveva designato la zona come una delle safe zone, col caveat che nessuna area della Striscia sarebbe stata davvero sicura fino alle resa di Hamas. E infatti già il 28 maggio scorso degli ordigni avevano colpito una parte della tendopoli, uccidendo più di 21 gazei e ferendone altri 64. Secondo Al Jazeera si era trattato di un attacco aereo israeliano, secondo il Ministero della Salute di Gaza erano stati invece proiettili d’artiglieria o dei carri armati Merkava. Gerusalemme aveva smentito decisamente di aver attaccato la zona e la possibilità di una indagine indipendente si era persa nella sabbia e nel sangue dell’offensiva di Rafah. I missili piovuti sabato su al-Mawasi, divenuta nel mentre un enorme campo profughi per più di 80mila sfollati da tutto il Sud della Striscia, sono stati invece apertamente rivendicati da Benjamin Netanyahu.

Più di 90 morti senza che vi sia ancora la sicurezza che l’obiettivo, il famigerato Deif, sia stato davvero eliminato. Israele l’ha nel suo mirino fin dal 1995 per il suo curriculum di omicidi e nel 2000 era riuscito a farlo arrestare dall’Autorità nazionale palestinese, che se l’era però lasciato sfuggire. Così sono iniziati i tentativi per eliminarlo: almeno sette che, sebbene non l’abbiano ucciso, lo hanno privato via via di un occhio, delle gambe e della sua famiglia (sua moglie, suo figlio neonato e sua figlia treenne sono stati uccisi in un attacco aereo israeliano nel 2014). Smembrato un pezzo alla volta, ma senza nessun colpo di grazia. Dopo trent’anni un obiettivo di questo calibro può diventare un’ossessione.

Sebbene non si abbiano certezze su Deif, la morte del suo vice Rafa Salama è stata invece confermata. Come comandante della Brigata “Khan Yunis”, Salama era riuscito a sopravvivere all’iniziale distruzione della sua unità e stava lavorando attivamente per ricomporla con le otto compagnie rimaste per condurre contrattacchi in città. Al netto del dibattito sulla proporzionalità degli attacchi israeliani, che un comandante di tale portata si trovasse in un campo profughi è l’ennesima prova di come la dittatura militare che opprime i palestinesi sia solita usare i civili come scudi umani.

di Camillo Bosco

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