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Resistere a Hitler con lo swing

La gioventù swing che, a partire dal movimento fondato negli anni Trenta ad Amburgo, combatté il nazismo con la musica

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Resistere a Hitler con lo swing

La gioventù swing che, a partire dal movimento fondato negli anni Trenta ad Amburgo, combatté il nazismo con la musica

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Resistere a Hitler con lo swing

La gioventù swing che, a partire dal movimento fondato negli anni Trenta ad Amburgo, combatté il nazismo con la musica

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La gioventù swing che, a partire dal movimento fondato negli anni Trenta ad Amburgo, combatté il nazismo con la musica

Ad Amburgo, in una sera di metà anni Trenta, ci sono due gruppi di ragazzi che stanno camminando ai lati opposti della stessa strada. Hanno tutti più o meno la stessa età ma, osservandoli attentamente, hanno poco in comune. Da una parte ci sono quelli abbigliati con le uniformi della Gioventù hitleriana, vanto e serbatoio dei futuri seguaci del Führer; dall’altra giovani con i capelli lunghi tirati all’indietro che indossano cappotti in stile inglese e portano l’ombrello anche se non sta piovendo. Anche loro fanno parte di un movimento: la Swing Jugend ovvero la ‘Gioventù swing’.

Inizialmente il fenomeno (nato proprio ad Amburgo e poi sviluppatosi anche a Berlino e Francoforte) non preoccupa più di tanto il potere nazista. È vero che nella Germania di quegli anni l’ascolto di radio estere e musica straniera è proibito, ma questi giovanotti che si radunano di nascosto in qualche bar o casa privata per sentire le trasmissioni della Bbc, ballando al ritmo di jazz e swing, non vengono percepiti come dei pericolosi oppositori. Quando però il loro numero cresce e i componenti iniziano a organizzarsi in maniera capillare, gli uomini di Hitler cominciano a tenerli d’occhio.

Quelli della Swing Jugend aggirano il coprifuoco, ripudiano i dettami imposti dal regime, promuovono una loro filosofia di vita che abbraccia l’internazionalismo e l’autodeterminazione, in piena contrapposizione al progetto di livellamento sociale tanto caro al Führer. Inoltre rifiutano l’adesione obbligatoria alla Gioventù hitleriana e il servizio militare. Per questi motivi attirano fra le loro file anche persone che, indipendentemente dalla comune passione per la musica ‘proibita’, attribuiscono alla Swing Jugend pure un valore politico. Fra loro c’è anche quell’Hans Scholl che con sua sorella Sophie fonderà in seguito la “Rosa bianca”, il principale gruppo di resistenza passiva al nazismo.

In questo scenario, Hitler decide di intervenire. Durante una festa organizzata in una sala da ballo ad Amburgo, gli uomini del Führer fanno irruzione e arrestano oltre 500 persone. Inizia così una vera e propria persecuzione che nel 1942 sfocia nella deportazione di alcuni membri del movimento nei campi di lavoro su ordine diretto del capo delle SS Heinrich Himmler. Ma anche qui lo spirito dei ‘giovani dello swing’ non si placa. Durante la detenzione, dopo i massacranti turni di lavoro, si sostengono a vicenda cantando canzoni jazz per intrattenere gli altri prigionieri. Insomma, quella che doveva divenire una punizione per eliminare il problema si rivela invece l’elemento che ne aumenta lo spirito identitario. Paradossalmente, i dischi che i funzionari del Reich avevano sequestrato nei locali frequentati dalla Swing Jugend vengono suonati durante le feste private organizzate dagli stessi ufficiali nazisti.

Con la fine della guerra e la caduta di Hitler, i ragazzi della ‘Gioventù swing’ tornano liberi. Molti però non ce l’hanno fatta, uccisi dalle disumane condizioni di vita alle quali erano stati sottoposti. Ma nonostante ciò il regime non era riuscito a esercitare il suo controllo su quei giovani che, grazie alla musica, avevano dato vita a una forma di resistenza intellettuale estremamente penetrante. Questo dimostra, semmai ve ne fosse bisogno, che non esisterà mai un potere in grado di fermare la forza aggregativa generata dall’arte.

di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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