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Sconnessi

Contratti Sogei: se qualcuno ha corrotto lo sapremo quando ci saranno le sentenze. Intanto, ci si concentra di poter vedere oltre ciò che è nascosto, invano

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Contratti Sogei: se qualcuno ha corrotto lo sapremo quando ci saranno le sentenze. Intanto, ci si concentra di poter vedere oltre ciò che è nascosto, invano

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Contratti Sogei: se qualcuno ha corrotto lo sapremo quando ci saranno le sentenze. Intanto, ci si concentra di poter vedere oltre ciò che è nascosto, invano

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Contratti Sogei: se qualcuno ha corrotto lo sapremo quando ci saranno le sentenze. Intanto, ci si concentra di poter vedere oltre ciò che è nascosto, invano

Come al solito ci si concentra sulle inchieste, supponendo di potere vedere, attraverso il buco della serratura giudiziaria, quel che è nascosto. In realtà si perde di vista quel che è più importante. Se qualcuno ha corrotto e si è fatto corrompere – per i vari contratti Sogei e per vendere i servizi di una rete satellitare – lo sapremo quando ci saranno le sentenze (i tempi lunghi sono altro scandalo e ce ne occupiamo spesso). Nel frattempo ci sarebbe un gigantesco problema relativo alle telecomunicazioni, senza che sia chiaro se vi sia una coerente condotta di governo.

Materia che presenta diverse complessità, ma al fondo ponendo dilemmi semplici. Ad esempio: per fare cassa, il governo ha messo in programma delle vendite (non privatizzazioni) di importanti pacchetti azionari, da Poste a Monte dei Paschi; al tempo stesso continua a comperare pezzi di rete di cui non è chiaro cosa intenda farsene. Da un lato sono in programma investimenti finanziati con fondi europei e ricompresi nel Pnrr, allo scopo di migliorare e mettere in sicurezza la rete nazionale di telecomunicazioni; dall’altro si continuano ad annunciare accordi e acquisti di servizi da società, come Google o Starlink, la cui forza economica prevale su quella statale. Può darsi ci sia una logica, ma andrebbe esposta e dalle opposizioni richiesta.

Entro il 30 novembre Tim dovrà presentare al Ministero dell’Economia un’offerta per vendergli la rete di cavi sottomarini Sparkle. Quella rete – che si trovava in una società di diritto olandese facente capo alla Stet (Partecipazioni statali) – ha un ruolo rilevante nella sicurezza non soltanto italiana ma Nato e israeliana. Ragione per cui non è stata messa sul mercato e, quindi, ha una sua logica che torni allo Stato (non ne aveva alcuna che la si tenesse dentro una pancia Tim nel frattempo venduta e più volte passata di mano). Epperò, contemporaneamente, si annuncia che a Sparkle sarebbe interessata Google, cui si offre di aprire sedi in Sicilia per l’approdo di cavi, ovvero lo stesso mestiere di Sparkle. Dice Butti, sottosegretario che si occupa di innovazione, che sarebbe strategico perché da lì passa il traffico Internet. Se è per questo passa anche dal resto della rete, già venduta al fondo statunitense Kkr.

Il quale fondo controlla largamente una società in cui lo Stato mantiene il 16% delle azioni – sempre con la storia che è strategico – cui si prova a vendere Open Fiber. Questa società nacque in casa Enel, spinta dal governo di allora (Renzi) per fare concorrenza a Tim facendo passare la fibra ottica dai contatori della luce. Una tragedia, avendo fatto 8 miliardi di investimenti per fatturare 582 milioni, da cui detrarne 290 di perdita. In quella società la Cassa depositi e prestiti (quindi lo Stato, non prendiamoci in giro) detiene il 60% e la rimanente parte è intestata al fondo Macquarie. Il fatto è che Kkr non la vuole comprare, perché vale meno di quel che c’è dentro. Per la stessa ragione, ma senza contatori, era nata Fiber Cop in casa Tim, lasciando poi una rete di cui lo Stato è ancora azionista, con la maggioranza intestata a Kkr. Quante volte si sta pagando la stessa cosa?

Abbiamo una società, Telespazio, che compartecipa reti satellitari europee e globali, ma ora il governo suggerisce alle Forze armate d’avvalersi di Starlink (Musk). Al netto delle inchieste, lo sanno che si tratta della stessa società che pensò di agire in guerra concedendo o togliendo i collegamenti all’Ucraina? Impervia, come via per la sicurezza difensiva. E che senso ha mantenere partecipazioni dello Stato accampando ragioni di sicurezza nazionale, se poi le maggioranze sono intestate a multinazionali e si finanzia l’espansione di altri in concorrenza con le reti esistenti? Come si concilia con il Pnrr?

La cattiva impressione è che tutto sia affidato a pulsioni estemporanee, quando non al caso o peggio. Abbiamo già distrutto una volta un patrimonio nazionale nelle telecomunicazioni, perseverare nel procedere a casaccio e sconnessi non è salubre.

di Davide Giacalone

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