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Mauro Repetto

Mauro Repetto: “Gli 883, un bellissimo viaggio”

Chi lo abbia ucciso non si sa ancora, ora però sappiamo com’è nato quell’Uomo Ragno direttamente dalle parole di Mauro Repetto, l’altra metà degli 883

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Mauro Repetto: “Gli 883, un bellissimo viaggio”

Chi lo abbia ucciso non si sa ancora, ora però sappiamo com’è nato quell’Uomo Ragno direttamente dalle parole di Mauro Repetto, l’altra metà degli 883

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Mauro Repetto: “Gli 883, un bellissimo viaggio”

Chi lo abbia ucciso non si sa ancora, ora però sappiamo com’è nato quell’Uomo Ragno direttamente dalle parole di Mauro Repetto, l’altra metà degli 883

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Chi lo abbia ucciso non si sa ancora, ora però sappiamo com’è nato quell’Uomo Ragno direttamente dalle parole di Mauro Repetto, l’altra metà degli 883

Classico fine settimana a Pavia di fine anni Ottanta, vissuto attraverso gli occhi di un ragazzo appena maggiorenne. Nebuloso e indolente, pochi svaghi. Un bar, due birre e le idee che girano alla ricerca dell’America. Scenario ideale per un colpo di genio: «Quel giorno me lo ricordo bene: grigiore totale, c’è una ragnatela che attraversa la finestra del Bar del Turista. Per la prima volta Max dice questa frase: “Ti immagini? Hanno ucciso l’Uomo Ragno”. Lì nasce tutto, da una domenica pomeriggio come tante altre. In un bar, come sempre, come ogni canzone. C’erano la voglia e la necessità di passare il tempo».

Chi lo abbia ucciso non si sa ancora, ora però sappiamo com’è nato quell’Uomo Ragno direttamente dalle parole di Mauro Repetto, l’altra metà degli 883. Oggi, a 55 anni compiuti, per la gente non è più soltanto “quello che ballava dietro a Max Pezzali”. C’è voluto molto tempo e una fortunatissima serie televisiva (“Hanno ucciso l’Uomo Ragno – La leggendaria storia degli 883”, in onda su Sky) per spiegarlo o ricordarlo ai meno attenti: «Ho visto i primi tre episodi. È molto romanzata ed è normale che lo sia. Mi è piaciuto il mio personaggio, a metà tra Johnny Depp e Fantozzi, un po’ com’ero e come sono ancora: cerco di arrivare a Johnny Depp ma ogni tanto cado, come Fantozzi» dice a “La Ragione”.

Il fatto che la sua figura pare riabilitata soltanto ora, dopo anni di oblio più o meno volontario, non lo lusinga e allo stesso tempo non lo offende: «Ho sempre pensato a quello che faceva piacere a me e alle persone che mi circondavano. Non ho mai ascoltato chi diceva “Ah, dei due tu sei quello che salta e basta”. Non ho bisogno di rivendicare niente, è stato un bellissimo viaggio, so cosa ho dato al gruppo. Adesso lo scoprono anche gli altri, ma io lo sapevo anche prima». Al pari di Pezzali, Repetto è stato l’anima degli 883, quella impetuosa e ribelle. Altro che soli balli: ha contribuito alla nascita di molti dei più celebri brani del gruppo, testi e musica. Dopo tre album e un successo enorme ha capito che qualcosa si era incrinato e ha lasciato la band, l’Italia e la fama. Ha inseguito – e in parte vissuto – il sogno americano, ha lavorato a Disneyland, provato la carriera solista e vissuto di arte a Parigi. Per anni è sparito dai radar ed è tornato ora con una favola da raccontare: la sua vita. «A teatro porto lo spettacolo “Alla ricerca dell’Uomo Ragno”. È una favola medievale, in cui due menestrelli di Pavia – Max e Mauro – devono consegnare una canzone al Conte Claudio Cecchetto che ha una corte piena di giullari già affermatissimi, come il Cavalier Fiorello, l’Orator Cherubini, il Dottor Virginio detto Gerry Scotti. E ce la faranno».

Canzoni che tornano a essere fra le più ascoltate sulle piattaforme streaming: gli 883 scalano la classifica e le certificazioni Fimi confermano il ritorno di fiamma per la band. Come si spiega questo successo intergenerazionale? «I nostri brani ricordano a noi stessi un segmento di vita del passato che ci fa piacere cullare. E piacciono anche ai giovani probabilmente perché certi valori e certi problemi in realtà sono gli stessi di sempre: la voglia di andar via, la voglia di cercare lei o forse me, sono cose universali. Faccio un esempio: mia figlia abita in centro a Parigi, ma vuole andare a Londra. Le ho detto “Ma dove vuoi andare, che non hai una lira?”. Lire o euro, i problemi dei ragazzi sono sempre quelli…».

Insomma, certe cose non cambiano. E allora immaginiamo la scena: Mauro e Max seduti al tavolino di un bar oggi, due birre scure in mano. Quale sarebbe l’argomento della conversazione? «Penso e spero le donne. Ma anche la quotidianità e quello che ci circonda, come abbiamo sempre fatto».

di Giacomo Chiuchiolo

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