‘Ndrangheta: estorsioni contro concorrenti, arrestato imprenditore De Marte
Milano, 18 nov. (Adnkronos) – Più estorsioni, aggravate dal metodo mafioso, per favorire l’attività della moglie e battere, in modo sleale, la concorrenza nel settore dei trasporti di merce in Lombardia. E’ di questo che deve rispondere Giuseppe, detto ‘Pino’, De Marte arrestato su richiesta del pm della Dda di Milano Pasquale Addesso. Oltre alle manette, anche per alcune tentate estorsioni, nei confronti dell’imprenditore originario di Seminara (Reggio Calabria), i carabinieri hanno proceduto, contestualmente, alla notifica di due decreti di amministrazione giudiziaria, ai sensi dell’articolo 34 del Codice antimafia, nei confronti di due società: la Scatolificio Deles spa con sede a Origgio (Varese) e la Deles Imballaggi speciali srl di Milano.
L’indagine, nata dalla denuncia di un imprenditore operante nel settore dei trasporti, è stata avviata dai militari di Gallarate nel febbraio 2024 e poi sviluppata, fino all’ottobre scorso dal Nucleo investigativo di Monza Brianza mentre, per i risvolti patrimoniali e finanziari gli accertamenti sono stati condotti dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Como. Gli approfondimenti investigativi hanno consentito di ricostruire che le minacce nei confronti dell’imprenditore concorrente non costituivano un episodio isolato, ma un fenomeno ben più esteso: una sorta di estorsione “ambientale” creata attraverso “ripetute condotte di minaccia e violenza che ha determinato il totale assoggettamento alle pretese dell’arrestato dei dirigenti e dipendenti delle due società, con conseguente assegnazione ad altra ditta delle tratte di trasporto in Lombardia”. Avvalendosi della fama “criminale” di cui gode la famiglia De Marte, l’arrestato riusciva a incutere timore nelle vittime richiamando le sue origini e la sua “vicinanza o parentela” con soggetti legati alla ‘ndrangheta. L’attività estorsiva, accertata quantomeno dal 2016, “ha consentito alla società assegnataria di fatturare oltre 8 milioni di euro” e tali pressioni “hanno consentito di ottenere un ingiusto vantaggio patrimoniale attraverso l’affidamento esclusivo delle commesse di trasporto che sono state assegnate in violazione di criteri di economicità e concorrenzialità e anche in assenza di un effettivo fabbisogno dell’operatore economico”.
Le indagini hanno rivelato come le direzioni delle due società fossero “pienamente consapevoli dell’inserimento dell’arrestato in contesti malavitosi” e come, “per lungo tempo, siano rimaste inerti a fronte della progressiva infiltrazione dell’indagato-rectius, delle ditte a lui riconducibili – nei rapporti imprenditoriali, omettendo di assumere iniziative volte a rescindere i legami commerciali con tali soggetti che, in base alla ricostruzione svolta dalla Guardia di finanza, risalivano già al 2012”. Il Tribunale ha rilevato “una grave situazione di infiltrazione mafiosa nell’attività di impresa esercitata, perdurante sino ad oggi, che ha permesso a svariate società riconducibili al soggetto tratto in arresto di operare indisturbate nel tessuto economico, alterandone le regole della concorrenza e ottenendo così ingenti vantaggi”.
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