Bambini scomparsi dalle città
Ma cosa abbiamo fatto per far scomparire i bambini dal nostro ambiente, la città? Al di là dei parchi giochi, è sempre più raro incontrare bimbi che si divertano per strada
Bambini scomparsi dalle città
Ma cosa abbiamo fatto per far scomparire i bambini dal nostro ambiente, la città? Al di là dei parchi giochi, è sempre più raro incontrare bimbi che si divertano per strada
Bambini scomparsi dalle città
Ma cosa abbiamo fatto per far scomparire i bambini dal nostro ambiente, la città? Al di là dei parchi giochi, è sempre più raro incontrare bimbi che si divertano per strada
Ma cosa abbiamo fatto per far scomparire i bambini dal nostro ambiente, la città? Al di là dei parchi giochi, è sempre più raro incontrare bimbi che si divertano per strada
Sosteneva Maria Montessori: «Per aiutare un bambino, dobbiamo fornirgli un ambiente che gli consenta di svilupparsi liberamente». Ma cosa abbiamo fatto per far scomparire i bambini dal nostro ambiente, la città? Al di là dei parchi giochi, è sempre più raro incontrare bimbi che si divertano per strada o che vadano a scuola in modo autonomo. Si parla di backseat generation, in riferimento ai bambini che vedono la città attraverso i finestrini delle auto. Per non parlare dei luoghi o degli eventi no kids, con bar, hotel e cerimonie in cui i piccoli non sono più i benvenuti.
Dalla fine del XX secolo fino all’inizio del XXI, è iniziato un processo a lungo termine di allontanamento dei giovanissimi dagli spazi pubblici. Le cause di questo disinvestimento sono molteplici. Le automobili hanno invaso le città e queste si sono riadattate, per consentire la circolazione di quanti più veicoli possibili nelle ore di punta. In quest’ottica i pedoni, in particolare le persone a mobilità ridotta e i bambini, non hanno la priorità.
I social network consentono di comunicare e incontrare gli amici senza dover viaggiare. Con l’avvento poi dei videogiochi, le attività ricreative a casa sono molteplici. La società è inoltre più sensibile ai rischi cui vanno incontro i bambini. Si tratta di un fenomeno che è diventato molto più forte in Europa negli ultimi anni. Nel corso del XX secolo i piccoli sono stati percepiti sempre più come esseri vulnerabili, vittime del mondo adulto. Gli standard genitoriali si sono evoluti. Mamma e papà sostengono di aver attraversato da soli le grandi città durante la loro infanzia, ma non prenderebbero neanche in considerazione l’idea di lasciare che i loro figli facciano lo stesso. La visione sociale di questi nuovi comportamenti si è evoluta verso una sensibilità verso i rischi molto maggiore.
Questo allontanamento dei bambini dai centri abitati ritarda il momento in cui i giovani diventeranno indipendenti nella città. Ciò significa che la loro gamma di mobilità è diminuita, così come il tempo che trascorrono in modo indipendente negli spazi pubblici. Per frenare questo comportamento, diversi Comuni di tutto il mondo hanno realizzato negli ultimi anni progetti per ‘restituire la città’ ai bambini e offrire uno spazio pubblico inclusivo – pensato da loro e per loro – adattato alla realtà dei Paesi interessati. Città più su misura dei giovanissimi, ma anche luoghi polimorfi i cui usi non siano dettati da urbanisti o autorità ma parlino di colori, di vegetazione, di avventura e di creatività.
I parchi giochi in città non consentono realmente ai piccoli di appropriarsi dello spazio urbano e non soddisfano le loro aspettative. Rimangono luoghi chiusi in cui i bambini vengono portati e sorvegliati da adulti, con spazi limitati e iper codificati dove i fanciulli non sempre desiderano andare spontaneamente. Ripensare al territorio cittadino è fondamentale perché è nello spazio pubblico che incontriamo gli altri, in termini di religione, etnia e classe sociale. Se i piccoli uomini e le piccole donne saranno sempre più a casa e sempre meno esposti a questa diversità, con il tempo ciò potrà rappresentare un problema sociale.
Studiando il mondo dell’infanzia, lo psichiatra americano Karl Menninger scrisse che «ciò che viene fatto ai bambini, essi lo faranno alla società». Pensare alla città dei più piccoli è un investimento che alimenta un circolo virtuoso, perché come cittadini di domani se ne prenderanno cura di più se avranno saputo investire in essa, a loro piacimento.
di Francesca Bocchi
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