**Partiti: da Pannella a Letta, vita, morte e polemiche del finanziamento pubblico**
Roma, 29 nov (Adnkronos) – “Cominciano ad avere paura, sentono che il bottino sta andando a male”. Nei passaggi epocali del nostro Paese c’è sempre lo zampino di Marco Pannella. Nel lontano 1978 è il leader Radicale a lanciare un referendum contro il finanziamento pubblico dei partiti. Perde. Ma si rifà più in avanti. Perché sulla questione dei soldi ai partiti, tornata di attualità dopo la modifica al 2Xmille appena approvata dal Senato, in Italia si discute da 50 anni.
L’idea di sostenere per legge la politica con denaro pubblico risale infatti al ’74. E’ la Dc, con Flaminio Piccoli, a metterci la faccia con il primo provvedimento sul ‘contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici’. Viene approvato in quattro e quattr’otto. Tutti d’accordo, tranne il Pli. Alla legge Piccoli si arriva sulla scia del ‘caso Trabucchi’, il primo scoppiato in Italia sul finanziamento illecito. Nel ’65 il senatore Dc Giuseppe Trabucchi, ex ministro delle Finanze, viene tirato in ballo per una storia di tangenti. Da allora, una catena di casi del genere comincia a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dell’onestà dei partiti. La risposta è la legge Piccoli, approvata sotto il vessillo della trasparenza.
Con gli anni il sistema di finanziamenti ai partiti viene messo a punto. E regge fino al ’93. Quando torna in scena Pannella che, con Mario Segni, ripropone il ‘suo’ vecchio referendum. Il contesto è completamente diverso rispetto a quello degli anni ’70, è scoppiata Tangentopoli. I partiti e la politica tutta sono nel mirino degli elettori. E infatti il sì all’abrogazione del finanziamento pubblico fa il botto: 90,3%.
(Adnkronos) – Fatta la legge, trovato l’inganno. Però. Il referendum, di fatto, non blocca il finanziamento pubblico. Da allora sono stati diversi gli interventi legislativi per assicurare comunque un supporto all’attività politica. Oltre a quella ‘abrogativa’ del ’93, che in realtà ha abrogato ben poco, altre leggi vengono fatte nel ’95 e nel ’99. L’esito è sempre quello di aumentare la quota dei rimborsi elettorali che, di fatto, nel tempo finiscono per sostituire quel finanziamento pubblico formalmente abolito dopo il referendum.
Il meccanismo, insomma, regge. Nonostante i vari scandali, da quello Lusi (Margherita) a quello Belsito (Lega), solo per citarne alcuni. E nonostante il ciclone Tangentopoli. La prima vera ‘spallata’ al sistema la piazza il governo Monti che, nello scenario di forte recessione economica in cui si trova ad agire, brandisce le forbici di fronte a ogni forma di spreco. E infatti nel 2012 i rimborsi vengono effettivamente sforbiciati, anche se in parte. A fare il grande passo è, poco dopo, il governo Letta.
“Manteniamo la promessa”, si vanta il premier pubblicizzando il Dl 149 che diventa legge nel febbraio del 2014, l’ultimo giorno in carica del governo. Anche qui, il contesto politico è fondamentale. Il M5s è in grande ascesa e Beppe Grillo ha già riempito le piazze con i ‘vaffa’ a politici e partiti, facendo dello stop ai fondi pubblici alla politica una bandiera del Movimento. Eppure le cronache parlamentari riportano il no del M5s (con Lega e Sel) alla riforma Letta, che passa con il sì di Pd, FI, Ncd, Scelta Civica e Per l’Italia.
(Adnkronos) – La legge Letta, che ha sdoganato i contributi privati e inserito i partiti tra i beneficiari del 2xmille, non ha però spento le polemiche. Anzi. Forse perchè negli anni ai partiti sono comunque arrivati soldi pubblici, e non pochi. Quelli che Camera e Senato, nella loro autodichia, assicurano ai Gruppi parlamentari. Però, specie negli ultimi anni, a riprendere vigore è stato un dibattito in senso inverso a quello lanciato in origine da Pannella, con una spinta al ritorno ad una forma di finanziamento totalmente pubblico della politica.
I motivi restano sempre gli stessi, garantire trasparenza. Comunque sia, l’ultima novità in questo campo è l’ok del Senato ad un ‘ritocchino’ di circa 4mln ai proventi del 2xmille. L’emendamento al Dl Fisco è passato dopo un bel po’ di discussioni, visto che intervento diretto del Quirinale aveva stoppato una prima proposta di modifica che puntava a destinare lo 0,2 x mille di tutto l’incasso Irpef dello Stato ai partiti. Insomma, il sistema negli anni sarà anche cambiato. A rimanere costanti sono sempre le polemiche.
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