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intervista Shady Hamadi

I martiri della Siria, parla il giornalista Hamadi

Per lo scrittore, il martirio della Siria è incarnato da chi è sopravvissuto alle carceri. Due i fattori necessari in questa delicata transizione per il Paese

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I martiri della Siria, parla il giornalista Hamadi

Per lo scrittore, il martirio della Siria è incarnato da chi è sopravvissuto alle carceri. Due i fattori necessari in questa delicata transizione per il Paese

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I martiri della Siria, parla il giornalista Hamadi

Per lo scrittore, il martirio della Siria è incarnato da chi è sopravvissuto alle carceri. Due i fattori necessari in questa delicata transizione per il Paese

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Per lo scrittore, il martirio della Siria è incarnato da chi è sopravvissuto alle carceri. Due i fattori necessari in questa delicata transizione per il Paese

Con la caduta del regime di Assad l’enorme sistema di prigionia in Siria è finito e ora sono migliaia i familiari che da quelle carceri sperano di ritrovare i propri cari ancora in vita o quanto meno di recuperarne i corpi per una degna sepoltura. Fra questi vi è anche lo scrittore e giornalista Shady Hamadi che ha lanciato un appello tramite i suoi social per avere informazioni sul cugino scomparso, arrestato a un checkpoint in Siria nel 2013 e internato nella prigione di Homs. Da quel momento, dopo un processo sommario, nessuno ha più saputo nulla di lui.

Hamadi dedicò il suo primo libro “Esilio dalla Siria – Una lotta contro l’indifferenza” proprio a quel cugino scomparso nella stessa prigione in cui, all’epoca di Assad padre, anche il padre del giornalista venne incarcerato e torturato per poi essere costretto a lasciare la Siria nel 1968 senza poter più fare ritorno in patria. Un attivismo politico che cominciò nel Partito nazionalista arabo, uno dei tanti che operò nell’ombra e che poi fu dichiarato illegale. «In Siria gli arresti arbitrari erano la regola. Se eri fortunato, alla famiglia mandavano un comunicato in cui scrivevano che il prigioniero era morto d’infarto» ci racconta Hamadi. Per lo scrittore il martirio della Siria è incarnato da chi è sopravvissuto alle carceri e non è un caso che nel suo primo libro abbia parlato di indifferenza: «Bastava credere a una delle 55mila fotografie di Caesar – pseudonimo di un ex ufficiale siriano – che documentavano la morte e le torture inflitte ai detenuti nelle carceri fra il 2011 e il 2013. Per tanto tempo si è pensato che quelle immagini non fossero vere». Ci sono poi due personalità che simboleggiano altrettante spaccature nella società siriana: il piccolo Hamza al Khateeb e padre Paolo Dall’Oglio, gesuita italiano anche lui tra gli scomparsi, noto per aver rifondato negli anni Ottanta la comunità monastica cattolico-siriana Al-Khalil. «Hamza rappresenta la società civile che nel 2011 chiese al regime un’apertura alla democrazia. Quel poco più che bambino partecipò alle proteste in piazza a Dar’a, venne arrestato all’età di 13 anni, torturato e riconsegnato morto alla famiglia. Nessuno credeva che i bambini potessero finire nelle carceri» spiega Hamadi.

Quanto a padre Dall’Oglio, rappresenta l’eredità della Siria: una società dialogante in grado di comunicare con altre minoranze. Se non ci ricordiamo di questo lascito non riusciremo a disinnescare tutte le dinamiche di odio che gravitano attorno alla questione siriana». Sul futuro del Paese lo scrittore sottolinea: «Ci sono dei buoni segnali dati dall’amnistia generale, il percorso è lungo ma il neo primo ministro al-Bashir ha detto che gestirà il Paese fino alle libere elezioni di marzo. Siamo speranzosi e consapevoli che il nuovo governo sarà sicuramente migliore del regime al potere per oltre cinquant’anni». Due i fattori necessari in questa transizione: «La riconciliazione interconfessionale e un processo di giustizia transitoria, ovvero portare alla sbarra chi ha commesso crimini sotto il regime di Assad senza praticare esecuzioni sommarie, come purtroppo sta avvenendo adesso».

Di Claudia Burgio

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