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Pace & Fede
Possono Putin e Trump accordarsi per trovare la pace in Ucraina? Porre fine ad un conflitto è giusto ma bisogna interrogarsi sulle conseguenze
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Possono Putin e Trump accordarsi per trovare la pace in Ucraina? Porre fine ad un conflitto è giusto ma bisogna interrogarsi sulle conseguenze
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Possono Putin e Trump accordarsi per trovare la pace in Ucraina? Porre fine ad un conflitto è giusto ma bisogna interrogarsi sulle conseguenze
Possono Putin e Trump accordarsi per trovare la pace in Ucraina? Porre fine ad un conflitto è giusto ma bisogna interrogarsi sulle conseguenze
Possono Putin e Trump accordarsi per trovare la pace in Ucraina? Porre fine a un conflitto è cosa buona e giusta, ma ci si deve interrogare sui significati e sulle conseguenze. Se valesse il principio per cui i potenti si accordano e i popoli s’accodano si tornerebbe al 1555, alla pace di Augusta (fra Ferdinando d’Asburgo e la Lega Smalcalda), che pose fine a una guerra religiosa sancendo il principio cuius regio eius religio. Un popolo coltiva la fede che il suo dominatore ha deciso e pratica. Sarebbe non soltanto un notevole salto indietro, ma anche il salto a un equilibrio che le guerre non le fermò manco per niente.
Che Putin e Trump si parlino è, in sé, un bene. Il problema non è che al dialogo non partecipi l’Unione europea, che messa così sarebbe una richiesta quasi patetica. Il problema è che le due posizioni, di Russia e Stati Uniti, non sono assimilabili: la Russia ha voluto e iniziato una guerra che non vince, che non vincerà e nella quale si trova impantanata; gli Usa provarono prima a prevenire e poi a fermare il conflitto, una volta scoppiato il quale (quindi solo successivamente) decisero di sostenere l’aggredito, l’Ucraina, aiutandolo a non soccombere. Scelta che condivisero con le democrazie occidentali e con l’Ue. Da ciò discende che Putin può porre fine alla guerra esattamente come l’ha iniziata, smettendo ora l’aggressione che avviò, mentre Trump non può cessare una guerra nella quale gli Usa non sono mai stati parte in causa. Potrebbe fare il mediatore. E sarebbe cosa meritoria. Ma può mediare, con la forza di convinzione che deriva dalla potenza politica e militare americane, a condizione che ci sia l’altra parte in causa: l’Ucraina. Altrimenti non media ma tratta direttamente, con una sinistra eco del 1555.
Non a caso la Casa Bianca, sia con Biden che con Trump, lancia segnali alla Cina, altro Paese che non è direttamente parte in causa ma senza il cui sostegno la Russia sarebbe già crollata e relegata nell’inferno degli impresentabili, assieme all’Iran e alla Corea del Nord. A Pechino si chiese e si chiede di aiutare il negoziato, in una posizione diversa e specchiata con quella Usa. Mentre sul fronte occidentale la legittimità del ruolo dell’Ue non è una gentile concessione o una comprensibile richiesta, ma un fatto legato sia al triennale sostegno all’Ucraina – esercitato anche durante i buchi americani – che dal non trascurabile dettaglio che la guerra si svolge ai propri confini.
Henry Kissinger spese molto dei suoi studi e della sua azione diplomatica per ricordare che l’origine della stabilità è nella pace di Vestfalia (1648) che pose fine alla Guerra dei trent’anni e a quella degli ottant’anni, fra la Spagna e le Province Unite. Il succo di quella pace fu il riconoscimento degli Stati nazionali e l’inviolabilità dei loro confini. Che furono poi ancora violati, ma dando luogo ad altre guerre e non – come Putin avrebbe voluto – a pretese espansive con uno solo che spara e gli altri che soccombono. Se gli Stati Uniti venissero meno a quel principio arrecherebbero un gravissimo danno a sé stessi. Altro che grandezza.
In quanto al religio di cui ad Augusta, il Nuovo Mondo fu fondato da pellegrini che in Europa erano considerati eretici e nemici della religione, sicché non deve stupire il continuo richiamo americano alla divinità né la polverizzazione delle chiese statunitensi. Cose che qui in Europa sembrano strane. Trump, del resto, non è il primo a credere di avere una missione divina e di essere stato salvato perché la compia. È già capitato, benché spesso con una sfortuna che tenderebbe a far escludere l’altolocato appoggio. Ma istituire un “Dipartimento della Fede” e affidarlo a Paula White (che dice di avere visto dio), ergo poi invitare un gruppo di predicatori esaltati nello Studio Ovale – per far scattare una foto che si vorrebbe credere essere il frutto di una manipolazione e, invece, si deve accettare che sia vera – è una buona ragione in più per tenersi lontani dall’augustea impostazione.
Di Davide Giacalone
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