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Studio, Tki e immunoterapia più efficace di sunitinib in carcinoma a cellule renali

12 Febbraio 2025

Roma, 12 feb. (Adnkronos Salute) – Nei pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato (aRcc) non precedentemente trattato, cabozantinib (inibitore della tirosin chinarsi, Tki) in associazione a nivolumab, rispetto a sunitinib, per oltre 5 anni, ha mostrato un’efficacia superiore aumentando la sopravvivenza e prolungando il tempo alla progressione del tumore, indipendentemente dalla classificazione del rischio basata sui punteggi dell’International Metastatic Renal Cell Carcinoma Database Consortium. Sono i risultati finali dello studio di fase 3 CheckMate 9ER che – informa Ipsen – saranno presentati da Robert J. Motzer durante l’American Society of Clinical Oncology Genitourinary Symposium (Asco Gu) in programma dal 13 al 15 febbraio 2025 a San Francisco, California (Abstract #439).

Con un follow-up mediano di 67,6 mesi per la sopravvivenza globale (Os) – riporta una nota – lo studio ha dimostrato che i benefici iniziali di sopravvivenza della combinazione cabozantinib e nivolumab si sono mantenuti rispetto a sunitinib, con un incremento assoluto mediano dell’Os di 11,0 mesi (46,5 mesi per la combinazione vs 35,5 mesi per sunitinib, rapporto di rischio (Hr) 0,79, intervallo di confidenza (Ci) 95%: 0,65-0,96. Inoltre, la combinazione ha dimostrato una riduzione del 42% del rischio di progressione di malattia o di morte, con una sopravvivenza libera da progressione mediana raddoppiata per la combinazione rispetto a sunitinib, 16,4 vs 8,3 mesi rispettivamente (Hr 0,58; 95% Ci: 0,49-0,70). Il profilo di sicurezza è risultato in linea con quelli già noti dei singoli farmaci, con eventi avversi correlati al trattamento che si sono verificati nel 98% dei pazienti trattati con la combinazione rispetto al 93% di quelli trattati con sunitinib. Non sono emerse nuove segnalazioni di sicurezza.

“Nell’ultimo anno sono state stimate oltre 13mila nuove diagnosi di carcinoma renale in Italia, un numero ancora molto elevato e che sottolinea la necessità di trovare opzioni terapeutiche sempre più innovative, in grado di cambiare il corso di questa neoplasia – afferma Chiara Marchesi, Medical & Regulatory Affairs Director Ipsen Italia – I risultati dello studio CheckMate 9ER hanno contribuito in modo significativo alla trasformazione del panorama terapeutico del carcinoma a cellule renali negli ultimi anni. La combinazione di cabozantinib e nivolumab sta dimostrando significativi benefici a lungo termine per più di cinque anni, confermandosi così un trattamento standard che permette ai pazienti una maggiore sopravvivenza”.

Nel 2022 sono stati diagnosticati più di 400mila nuovi casi di tumore del rene a livello globale. Tra questi, il carcinoma a cellule renali (Rcc) è il tipo più comune di tumore del rene (circa il 90% dei casi). E’ quasi 2 volte più comune negli uomini e i decessi dei pazienti maschi rappresentano oltre i due terzi. L’Rcc in stadio iniziale spesso non presenta sintomi distintivi, il che porta il 30% delle persone a ricevere la diagnosi in una fase avanzata di malattia. Tra i pazienti con Rcc avanzato, il 60% non riceve un trattamento di seconda linea. Se diagnosticato in stadi iniziali, il tasso di sopravvivenza a 5 anni è elevato, ma nei pazienti con Rcc metastatico in stadio avanzato il tasso di sopravvivenza è decisamente più basso, intorno al 17%.

“Il 60% dei pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato – sottolinea Camillo Porta, oncologo medico e professore all’Università di Bari ‘A. Moro’ – non arriva alla terapia di seconda linea: questo dato sottolinea l’importanza di assicurare le cure più efficaci il prima possibile. Il fatto di poter contare su un’unica chance di trattamento per così tanti pazienti rende i risultati finali di CheckMate 9ER davvero rilevanti per la pratica clinica quotidiana. Infatti, questi dati finali convalidano ulteriormente la possibilità di ottenere una sopravvivenza a lungo termine con cabozantinib e nivolumab a questo stato avanzato della malattia”.

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