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75 anni fa nasceva Walter Tobagi, simbolo del giornalismo onesto

Il 18 marzo del 1947 fa nasceva Walter Tobagi. Il ricordo del suo lavoro negli anni del terrorismo è un faro anche in questi giorni bui.

75 anni fa nasceva Walter Tobagi, simbolo del giornalismo onesto

Il 18 marzo del 1947 fa nasceva Walter Tobagi. Il ricordo del suo lavoro negli anni del terrorismo è un faro anche in questi giorni bui.

75 anni fa nasceva Walter Tobagi, simbolo del giornalismo onesto

Il 18 marzo del 1947 fa nasceva Walter Tobagi. Il ricordo del suo lavoro negli anni del terrorismo è un faro anche in questi giorni bui.
Il 18 marzo del 1947 fa nasceva Walter Tobagi. Il ricordo del suo lavoro negli anni del terrorismo è un faro anche in questi giorni bui.
In una piccola strada nel quartiere Solari di Milano, via Salaino, si trova una targa commemorativa. Su di essa, una citazione:  «… al lavoro affannoso di questi mesi va data una ragione, che io avverto molto forte: è la ragione di una persona che si sente intellettualmente onesta, libera e indipendente e cerca di capire perché si è arrivati a questo punto di lacerazione sociale, di disprezzo dei valori umani (…) per contribuire a quella ricerca ideologica che mi pare preliminare per qualsiasi mutamento, miglioramento nei comportamenti collettivi.» Queste furono le parole che Walter Tobagi scrisse in una lettera alla moglie nel dicembre del 1978, un anno e mezzo prima di essere assassinato da un gruppo terroristico di estrema sinistra. Il 18 marzo di 75 anni fa Tobagi nasceva a Spoleto, per poi trasferirsi da piccolo nel milanese. Fin da ragazzo entrò in quel mondo che non lasciò mai, e per cui sacrificò anche la vita: il mondo dell’informazione. Mentre frequentava il liceo al Liceo Parini, iniziò la sua attività di redattore nel famoso giornale dell’istituto, La Zanzara, che ebbe il merito di uscire dalle mura scolastiche e di segnare la società di quegli anni.  Seguì poi la sua inclinazione per l’approfondimento e la sua curiosità, passando per le redazioni di Avanti! e di Avvenire, affiancando alla carriera giornalistica quella accademica di ricercatore. Di lui, il Direttore di Avvenire Leonardo Valente disse chenon c’era argomento che non lo interessasse, dalla politica allo sport, dalla filosofia alla sociologia, alle tematiche, allora di moda, della contestazione giovanile. Affrontava qualsiasi argomento con la pacatezza del ragionatore, cercando sempre di analizzare i fenomeni senza passionalità. Della contestazione condivideva i presupposti, ma respingeva le intemperanze.” Dopo alcune inchieste e lavori universitari, scrisse “Storia del movimento studentesco e dei marxisti-leninisti in Italia” per poi avvicinarsi al tema che quegli anni stava piegando il nostro Paese: il terrorismo. Con il Corriere della Sera iniziò a investigare sulle iniziative delle BR, a parlare dei ‘covi’ terroristici scoperti a Milano, della guerriglia urbana che scuoteva il capoluogo lombardo e l’intero Paese.  Un vero e proprio inviato, nella sua città, in una vera e propria guerra, quella che vide l’Italia divisa in colori netti. Raccontò di quella vita che ci sembra lontana, di quel Paese che ci sembra non essere nostro, di come tanti personaggi comparvero, altri caddero, ma senza mai indietreggiare davanti al faro delle sue inchieste: la verità. “Walter preparava gli articoli con la stessa diligenza con cui al liceo faceva le versioni di latino e greco e all’università si dedicava alle ricerche storiche: una montagna di appunti, decine e decine di telefonate di controllo, consultazione di leggi, regolamenti, enciclopedie. Insomma svolgeva una mole di lavoro enorme per un pezzo di due cartelle”  disse di lui ancora il Direttore di Avvenire – “Ma quando finalmente si metteva alla macchina da scrivere si poteva esser certi che dal rullo sarebbero uscite due cartelle di oro colato. E se per caso, al termine delle sue ricerche e dei suoi controlli, si accorgeva di essere arrivato a conclusioni opposte rispetto a quelle da cui era partito, buttava tutto all’aria e ricominciava dal principio, senza darsi la minima preoccupazione della fatica e del tempo che impiegava. Il suo solo problema era di arrivare alla verità, a qualunque costo”.  La sera prima di essere assassinato, Walter Tobagi stava partecipando a un incontro al Circolo della stampa di Milano su libertà e ruolo di giornalismo. A un certo punto Tobagi, riferendosi alla lunga serie di attentati terroristici, disse: «Chissà a chi toccherà la prossima volta». Solamente dieci ore più tardi, veniva ucciso dalla brigata XXVIII marzo.  Lasciava la moglie, Maristella, e due figli, Luca e Benedetta. La piccola aveva solo 3 anni e ha seguito le orme del padre ed è diventata una giornalista.  “Come mi batte forte il tuo cuore” è il suo libro intitolato al padre. Di Walter Tobagi rimangono molti ricordi e testimonianze, oltre a quella targa in via Salaino. Ma anche una delle scuole di giornalismo più importanti del nostro Paese, proprio nella città protagonista dei suoi racconti, Milano. Perché il suo lavoro possa essere sempre simbolo di un giornalismo onesto e leale, anche in questi giorni bui dove altre guerre, che un giorno ci sembreranno lontane e di epoche remote, riempiono le prime pagine di tutti i giornali.   di Sara Tonini

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