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Nazisti coerentemente dalla parte di Putin

La ‘denazificazione’ dell’Ucraina è alla base della retorica putiniana per giustificare l’invasione di febbraio. Ma questa è una motivazione debole se si guarda a chi combatte la guerra del presidente russo.
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Nazisti coerentemente dalla parte di Putin

La ‘denazificazione’ dell’Ucraina è alla base della retorica putiniana per giustificare l’invasione di febbraio. Ma questa è una motivazione debole se si guarda a chi combatte la guerra del presidente russo.
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Nazisti coerentemente dalla parte di Putin

La ‘denazificazione’ dell’Ucraina è alla base della retorica putiniana per giustificare l’invasione di febbraio. Ma questa è una motivazione debole se si guarda a chi combatte la guerra del presidente russo.
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La ‘denazificazione’ dell’Ucraina è alla base della retorica putiniana per giustificare l’invasione di febbraio. Ma questa è una motivazione debole se si guarda a chi combatte la guerra del presidente russo.
  La ‘denazificazione’ dell’Ucraina è il perno su cui si regge la retorica putiniana che ha accompagnato l’invasione di febbraio. Propaganda che ha superato i confini nazionali ed è tra le più frequenti argomentazioni adottate dai giustificazionisti. L’assunto secondo cui la presenza di frange dell’estrema destra al fronte significhi una legittimazione dell’area da parte del governo Zelenskij, se non addirittura una vicinanza tra i cittadini ucraini e l’ideologia hitleriana, non è soltanto una tattica scorretta e generalizzante ma un’arma a doppio taglio. Quella che si combatte da otto anni nell’Ucraina orientale è una guerra sporca, dove l’identità politica dei singoli corpi armati si perde in un magma confuso che attraversa entrambi i fronti. Sia i separatisti che i nazionalisti annoverano tra le loro fila brigate antifasciste, formazioni dell’islam radicale e, ovviamente, estremisti di destra. In Donbass, sin dai primi mesi di guerra, è stato attivo il battaglione Rusich. Ufficialmente sciolto nel 2015, Rusich è tra i primi corpi filofascisti costituitisi nelle repubbliche separatiste e degno di interesse per motivi ben precisi: il ricorso a un’estetica dai chiari connotati politici – l’icona della formazione era la Kolovrat, simbolo solare slavo derivato dalla svastica – e l’impiego mercenario al servizio della Federazione Russa (i neonazisti hanno partecipato attivamente alle operazioni in Siria negli anni della guerra civile). Il battaglione cessa le sue attività con la morte del suo comandante Alexander Bednov detto “Batman”, legato a doppio filo con i nazisti e morto in quella che i suoi seguaci definiscono un’imboscata interna. Da allora sono molte le realtà nate e ancora attive nella regione che si rifanno alla stessa ideologia: l’Unione Giovanile Eurasiatica aderente alle posizioni di Aleksandr Dugin, i militanti dell’Altra Russia di Limonov, la Legione di Santo Stefano (estrema destra cattolica) e il battaglione Sparta. A questi si aggiunge il corpo mercenario Wagner, inviato dallo stesso Vladimir Putin contro l’esercito ucraino e comandato da Dmitrij Utkin, fanatico neonazista e criminale di guerra. Teste rasate, tatuaggi inneggianti alle SS e richiami esoterici sono gli esempi che Putin ha usato per screditare l’Ucraina di fronte ai cittadini russi. Una motivazione debole se si guarda a chi combatte la sua guerra. Denazificazione, ma con i nazisti.   di Antonio Pellegrino

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