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Sanità: l’indagine, 2 italiani su 3 sono pronti alla trasformazione digitale

12 Aprile 2022

Roma, 12 apr. (Adnkronos Salute) – Due cittadini su tre sono ‘pro-digital’, si dicono pronti alla digitalizzazione della sanità, che saprebbero gestire senza troppi problemi, come confermato anche dagli operatori sanitari, mentre la politica non ne è del tutto convinta: circa la metà dei parlamentari e dei rappresentanti delle Regioni ritiene che gli italiani siano solo “abbastanza” pronti ad affrontare la gestione digitale dei dati sanitari. E infatti, solo il 20% sostiene di avere “molta confidenza” con i dispositivi digitali. Tutti invece si trovano d’accordo nel ritenere che la salute sia tra le principali priorità sulle quali investire, anche se poi è una delle ‘mission’ del Pnrr su cui sono state stanziate meno risorse, ed è ancora considerata come una spesa invece che come un investimento.

Questo il quadro tratteggiato da un’indagine condotta da Ls Cube in collaborazione con YouTrend/Quorum nell’ambito del progetto ‘Net-Health Sanità in Rete 2030’, con il supporto non condizionante di Gilead Sciences, e presentata nella Sala verde della Luiss Business School, a Roma grazie all’ospitalità dell’Osservatorio Welfare della Luiss. L’indagine è stata svolta come una sorta di ‘intervista tripla’ che ha messo a confronto le opinioni dei cittadini con quelle dei politici e degli operatori sanitari, con non poche differenti visioni sul futuro, ma anche con molti punti in comune.

Un cittadino su tre chiede che la sanità sia presente in modo più capillare sul territorio, e uno su due ritiene che la pandemia abbia evidenziato l’inefficienza del sistema sanitario pubblico, mentre per le Regioni il Covid ha sottolineato l’eccessiva decentralizzazione della sanità, e per gli operatori del settore una mancanza di organizzazione a livello ospedaliero e territoriale.

Questi dati, per come sono stati raccolti e integrati, sono molto importanti per organizzare la programmazione sanitaria del nostro Paese – sottolinea Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla Salute – Solo possedendo numeri oggettivi e dati reali è possibile programmare correttamente ed impostare le più opportune politiche pubbliche. Curare è la punta di un iceberg, il risultato finale di un processo dove a monte c’è una filiera che può funzionare solo facendo rete, come espresso da questo progetto Net-Health. Una rete organizzativa e operativa capillare che unisca centro e territorio, che è anche il concetto alla base degli interventi del Pnrr sulla sanità. Non meno importanti sono ricerca e formazione del personale, con l’obiettivo di cure personalizzate e innovative, ‘medicina sartoriale’ mi piace definirla”.

Per Sileri, “non è nemmeno pensabile una sanità del futuro senza una partnership tra pubblico e industria privata: la pandemia ha accelerato la comprensione di questa sanità futura”.

Quattro i punti al centro dell’attenzione: digitalizzazione, territorialità e diritto alla salute, che toccano quotidianamente i cittadini, e gli investimenti che sono nelle mani dei decisori pubblici. Con molti punti in comune. Gli investimenti in sanità, per esempio, sono ritenuti tra le principali priorità sia per i decisori (66% di deputati e senatori e 83% dei rappresentanti delle Regioni) che per i cittadini (51,2%). Per il 61% dei parlamentari queste risorse dovrebbero servire a potenziare la medicina territoriale e a promuovere la de-ospedalizzazione. Per i rappresentanti delle Regioni, invece, dovrebbero andare alla ricerca clinica e farmaceutica (51%). Per i cittadini a una sanità più capillare sul territorio (35,7%).

Riguardo alla possibilità che il rapporto medico-paziente preveda anche una minore interazione fisica, il 66,1% si è dichiarato abbastanza (47,9%) o molto (18,2%) favorevole, a differenza sia dei parlamentari (48%) che dei rappresentanti delle Regioni (50%) solo possibilisti, rispondendo “più sì che no”. Disponibilità dei cittadini anche al trattamento dei dati sanitari, su cui il 97% si sente a proprio agio. Solo il 20% però sostiene di avere “molta confidenza” con i dispositivi digitali.

Sul rapporto tra la digitalizzazione e il diritto alla salute, le posizioni di decisori e cittadini si allontanano: mentre i primi, infatti, sono convinti che tenderà maggiormente a garantire le cure a tutti i cittadini (85% dei rappresentanti delle Regioni, 77% dei parlamentari), i secondi considerano più probabile un aumento delle disuguaglianze nella popolazione (46,1%), accentuando il problema del ‘digital divide’ che risente altresì di un divario generazionale e regionale (boomers e generazione X più pessimisti di millenials e generazione Z; Mezzogiorno più pessimista del Nordest).

Infine, emerge con chiarezza e in maniera trasversale alle diverse fasce di età la preoccupazione da parte dei cittadini (47,9%) di non potersi permettere l’assistenza sanitaria quando ne avranno bisogno e, quindi, che il Ssn non riesca a garantire le molte cure innovative già in commercio o prossime alla commercializzazione. I cittadini e gli operatori sanitari sono comunque pronti alla trasformazione digitale, spetta ora alla politica far sì che ciò avvenga garantendo l’equità, l’uguaglianza e la sostenibilità del sistema sanitario.

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