Il mito Ancelotti, la semplicità che vince
Dopo l’impresa firmata ieri con il Real Madrid, Carlo Ancelotti è a un passo dall’essere l’allenatore più vincente di tutti tempi.
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Il mito Ancelotti, la semplicità che vince
Dopo l’impresa firmata ieri con il Real Madrid, Carlo Ancelotti è a un passo dall’essere l’allenatore più vincente di tutti tempi.
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Il mito Ancelotti, la semplicità che vince
Dopo l’impresa firmata ieri con il Real Madrid, Carlo Ancelotti è a un passo dall’essere l’allenatore più vincente di tutti tempi.
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Dopo l’impresa firmata ieri con il Real Madrid, Carlo Ancelotti è a un passo dall’essere l’allenatore più vincente di tutti tempi.
È la normalità che si fa epica. Con Carlo Ancelotti abbiamo esaurito immagini e aggettivi, dopo l’esaltante impresa firmata ieri sera con il Real Madrid. Non tanto per l’ennesima finale di Champions League raggiunta in una serata che in molti non potranno dimenticare e che lo pone a un passo dall’essere l’allenatore più vincente di tutti tempi, ma per la capacità ineguagliabile di ottenere risultati ovunque abbia lavorato (con la recente eccezione di Napoli, dove il lavoro fu impostato benissimo e poi tradito dall’inconsistenza di pochi).
Sempre senza ricorrere a formule magiche o alle iperboli di molti dei suoi colleghi più famosi. A cominciare da chi ha incredibilmente battuto in una manciata di minuti ieri sera, il Manchester City e quel Pep Guardiola non certo a torto considerato un filosofo della panchina, interprete di una concezione scientifica e studiata a tavolino del calcio, mixata a una comunicazione messianica del proprio lavoro. Perfetta per una realtà straricca come quella degli sceicchi del City, ma a tutt’oggi povera degli elementi che fanno la differenza sull’ultimo gradino, il cuore e la storia. Guardate la foto di ieri sera con il figlio Davide.
Carlo Ancelotti – ‘Carletto’ per tutti e questo già è indicativo – è un incubo ambulante per chi si ostina a cercare una versione economico-matematica del pallone. Lui vince (sempre) essenzialmente creando gruppi granitici, capaci di esaltare le qualità di ciascuno, in modo funzionale agli interessi del gruppo. Lo fa senza ricorrere a misteriose alchimie, apparentemente. Ancelotti è uno che capisce tantissimo di calcio, lo interpreta da trent’anni ai massimi livelli, ha creato e guidato straordinarie macchine da goal e vittoria, ma non è considerato l’inventore di nulla. Allenatori che hanno un ventesimo dei suoi trofei sono descritti come dei maghi, mentre Carletto fa ‘semplicemente’ le cose più difficili nei momenti più decisivi. Provateci voi.
Come ieri, quando con i suoi cambi ha messo dentro coloro che avrebbero ribaltato Guardiola e difeso l’incredibile 3 a 1 realizzato in cinque minuti al tramonto della partita del Bernabeu. “Fortuna”, sintetizzeranno in molti, continuando a non capire la grandezza dell’uomo. Uno che si è formato gestendo il Silvio Berlusconi dei tempi d’oro, che gli imponeva di far giocare con due punte Il suo Milan. Ancelotti diceva di sì, poi ne schierava solo una – nel leggendario “albero di Natale” rossonero – vinceva campionati e Coppe dei Campioni e quando Berlusconi arrivava tutto felice davanti alle telecamere a sottolineare come il mister avesse fatto esattamente quello che diceva lui, sollevava l’iconico sopracciglio e sorrideva. È una vita che lo sottovalutano in tanti, è una vita che non lo prende nessuno.
di Fulvio Giuliani
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