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Tumori: Favo, da Pnrr a territorio, come deve cambiare assistenza malati

12 Maggio 2022

Roma, 12 mag. (Adnkronos Salute)() – Dalle reti oncologiche, agli screening, al Pnrr, alla riabilitazione e l’oncologia territoriale: questi i punti chiave dai quali partire per cambiare l’assistenza dei malati di cancro in Italia, contenuti nel 14° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, presentato nell’ambito della 17esima Giornata nazionale del malato oncologico promossa da Favo (Federazione italiana delle Associazioni di volontariato in oncologia). Il fil rouge del Rapporto di quest’anno – riferisce una nota – è rappresentato dall’impegno di Favo nel portare ‘più Europa’ in Italia, attraverso il trasferimento di quanto previsto dalla Mission on cancer e dal Piano europeo di lotta contro il cancro, a cominciare dal nuovo Piano oncologico nazionale e dal pieno funzionamento delle Reti oncologiche in tutte le Regioni.

“Poiché si stima che entro il 2035 il cancro sarà la prima causa di morte in Europa – dichiara Francesco De Lorenzo, presidente Favo – la Commissione europea è intervenuta con la Mission e il Piano per salvare 3milioni di vite umane e aumentare la percentuale di sopravvivenza dall’attuale 47 al 75% entro il 2030, concentrandosi su prevenzione del cancro, trattamento, assistenza e riabilitazione alle persone guarite, innovazione sociale e riduzione delle disuguaglianze”.

“Come clinici riteniamo fondamentale una reale implementazione delle Reti oncologiche a livello nazionale – sottolinea Saverio Cinieri, presidente dell’Associazione italiana oncologia medica (Aiom) -. Sono le strutture sanitarie migliori per la gestione del paziente in quanto riescono ad integrare perfettamente i servizi ospedalieri e quelli territoriali. La moderna oncologia richiede dunque Reti funzionanti con una governance autonoma e autorevole, ben normata ed uniformemente riconosciuta da tutte le Regioni. È necessario realizzare un Piano oncologico nazionale in linea con le indicazioni europee, prevedendo la possibilità per le reti di sfruttare a pieno i finanziamenti previsti. Alcune Reti hanno avviato un percorso virtuoso di sviluppo, ma altre – evidenzia Cinieri – risultano indietro e rischiano di incrementare diseguaglianze inaccettabili nell’ambito del nostro sistema sanitario”.

“Nei primi 17 mesi della pandemia sono stati effettuati in totale oltre 4.480.000 inviti e 2.790.000 test di screening in meno – afferma Paola Mantellini, dell’Osservatorio nazionale screening -. È necessario un uso appropriato delle risorse per far ripartire la prevenzione secondaria del cancro in tutta Italia. Bisogna disporre di personale medico-sanitario dedicato e costantemente formato e si deve far riferimento a requisiti tecnico-organizzativo-professionali ben definiti. La mancanza di risorse e una carente organizzazione sono il problema critico che affligge da sempre gli screening organizzati e questo è, forse, più evidente nelle Regioni del Sud”.

“Un’ulteriore sfida è rappresentata dall’oncologia territoriale – sostiene Luigi Cavanna, presidente del Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri (Cipomo)-. Come ha insegnato anche il Covid, curare i pazienti a casa significa ridurre le probabilità di contagio intra ospedaliero, migliorare la loro qualità di vita, ridurre i costi umani e sociali della malattia. Nel prossimo futuro dovremo spostarci sempre più verso una visione ‘integrata’ del sistema di gestione”.

“Il cancro non solo è curabile ma dalla malattia si può guarire. Di fatto però la guarigione non coincide ancora con il ripristino di tutte le condizioni della persona preesistenti alla malattia, non solo sul piano clinico, ma anche su quello sociale, economico e professionale – aggiunge Elisabetta Iannelli, Segretario generale Favo -. Infatti, pur risultando guariti, subiscono discriminazioni sul piano economico-sociale, in particolar modo per l’accesso ai servizi bancari e assicurativi. Va assicurato il ‘diritto all’oblio oncologico’ dell’ex malato il quale, trascorso un certo periodo di tempo dalla diagnosi e dalla conclusione dei trattamenti, non deve essere tenuto a dichiarare la pregressa patologia nel caso di richiesta di un finanziamento o di una copertura assicurativa caso morte. Come Favo – ricorda – siamo stati tra i primi a sollevare la questione nel 2017 e da allora stiamo portando avanti questa battaglia di civiltà”. “La proposta di legge per il diritto all’oblio della patologia oncologica – ricorda Maurizio Sacconi, presidente ‘Amici di Marco Biagi’ – già sottoscritta da 16 senatori, si iscrive nella linea dedicata a promuovere la vita attiva dei malati, ancor più doverosa dopo la guarigione”.

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