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Tre leader in viaggio

Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz: sono tre i leader più rappresentativi e importanti che ieri hanno portato le proprie decisioni e posizioni politiche in Ucraina, contro l’aggressione russa. 
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Tre leader in viaggio

Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz: sono tre i leader più rappresentativi e importanti che ieri hanno portato le proprie decisioni e posizioni politiche in Ucraina, contro l’aggressione russa. 
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Tre leader in viaggio

Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz: sono tre i leader più rappresentativi e importanti che ieri hanno portato le proprie decisioni e posizioni politiche in Ucraina, contro l’aggressione russa. 
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Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz: sono tre i leader più rappresentativi e importanti che ieri hanno portato le proprie decisioni e posizioni politiche in Ucraina, contro l’aggressione russa. 
Il viaggio assieme in treno, per ragioni di sicurezza, perché nel cuore dell’Europa c’è una guerra e andare verso l’Ucraina non è sicuro di questi tempi. L’arrivo in stazione. La visita a Irpin, città sventrata dai bombardamenti russi senza sosta, tra le macerie dei palazzi e scortati dai soldati ucraini. Mario Draghi, Emmanuel Macron e Olaf Scholz – l’Italia, la Francia e la Germania – sono l’Unione europea. Ne sono i tre leader più rappresentativi e importanti e ieri hanno portato il loro corpo, non soltanto le proprie decisioni e posizioni politiche, in Ucraina contro l’aggressione russa. La storia si consuma, da sempre, nell’iconografia di pochi istanti: De Gaulle è la Francia che passeggia all’Arco di Trionfo, in una Parigi liberata dai nazisti. Churchill, con l’indice e il medio alzati a formare una V di vittoria, è l’Inghilterra che non si arrende perché la libertà non si arrende. Mai. Draghi, Macron e Scholz in treno, seduti a conversare, e poi a Irpin sono oggi lo scatto dell’Unione europea che si reca fisicamente in uno scenario di guerra, per cercare di farla finire e per sostenere gli invasi (e non gli invasori). Un significato politico forte, a pochi giorni dal vertice Nato di Madrid che si terrà a fine giugno. Una Nato alimentata dai suoi due grandi polmoni democratici, gli Stati Uniti (ovviamente) con la Gran Bretagna ma anche l’Unione europea. Per questo, prima delle parole, nella visita in Ucraina dei tre leader europei conta l’atto, il gesto, che è per il suo stesso compiersi più politico di qualsiasi chiacchierata. Poi, assieme ai gesti, ci sono gli impegni. C’è la solidarietà verso il popolo ucraino che fa esprimere a Macron tutto il rispetto e l’ammirazione per quella gente. C’è la dichiarazione di Draghi, che camminando in una Irpin macellata sottolinea come gli ucraini abbiano il mondo dalla loro parte. C’è il tedesco Scholz, che dice schietto che non si tratta solo di mostrare solidarietà bensì di «assicurare che l’aiuto finanziario, umanitario ma anche in fatto di armi proseguirà finché sarà necessario alla lotta ucraina per l’indipendenza». E poi c’è la diplomazia, quella possibile (che deve essere anche giusta) e l’incontro con Volodymyr Zelensky, l’uomo simbolo della resistenza di Kiev. Dalla chiacchierata tra lui e i tre leader europei, la notizia più forte uscita ieri è indubbiamente il fatto che il presidente ucraino abbia accettato l’invito a partecipare al summit del prossimo G7. Ad annunciarlo su Twitter è stato il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che lo ha anche ringraziato per averlo accolto a Kiev assieme a Draghi e Macron. Ma non sarà soltanto il prossimo G7 ad avere al centro la questione ucraina perché, sempre ieri, Zelensky ha fatto sapere di aver accettato l’invito del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, a partecipare al summit Nato di Madrid, a fine mese. Due segnali evidenti, il G7 e il vertice Nato, che l’Occidente non ha nessuna intenzione di mollare l’Ucraina invasa ma semmai di rilanciare lo schierarsi in sua difesa. Tra i temi affrontati ieri nell’incontro a quattro, un ruolo centrale lo hanno avuto la sicurezza alimentare e il rifornimento di armi all’Ucraina, necessario per la resistenza. Un aspetto in sospeso, invece, è rimasto l’ingresso – soprattutto riferito alla tempistica – dell’Ucraina nell’Unione europea. Accettare e discutere la richiesta di adesione sarebbe già un passo in avanti perché l’Ue è una comunità non soltanto di difesa ma soprattutto sociale, culturale e giuridica. L’ingresso dell’Ucraina nella Ue è un tema nient’affatto secondario, per ragioni politiche e strategiche. A cominciare – per citarne una – dalla posizione geografica di questo Paese. Che sta e vuole restare in Europa.   Di Massimiliano Lenzi

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