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Aiuti deleteri

Lasciar credere agli italiani che sia sufficiente decretare aiuti per migliorare la situazione è controproducente, tanto quanto continuare a ribadire il bisogno di “aiuto” ai concittadini europei. 
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Aiuti deleteri

Lasciar credere agli italiani che sia sufficiente decretare aiuti per migliorare la situazione è controproducente, tanto quanto continuare a ribadire il bisogno di “aiuto” ai concittadini europei. 
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Aiuti deleteri

Lasciar credere agli italiani che sia sufficiente decretare aiuti per migliorare la situazione è controproducente, tanto quanto continuare a ribadire il bisogno di “aiuto” ai concittadini europei. 
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Lasciar credere agli italiani che sia sufficiente decretare aiuti per migliorare la situazione è controproducente, tanto quanto continuare a ribadire il bisogno di “aiuto” ai concittadini europei. 
Quel che era urgentissimo giovedì – al punto da inchiodare il presidente del Consiglio al telefono, su una panca del Prado a Madrid, per costringerlo poi a rientrare anticipatamente – forse sarà affrontato oggi pomeriggio. Con calma. Una settimana dopo. Essendo questione più fumosa che di sfumature, incubata a metà strada fra il pettegolezzo e la stizzosa supponenza, difficilmente potrà essere risolta affrontandone il merito. Perché il merito non c’è e quel che c’è riguarda la politica estera, quindi un terreno largamente sconsigliabile anche alla stellata incoscienza. Però si deve uscirne, ragion per cui l’attenzione si concentrerà sul decreto “aiuti”, dove trovare aiuto per potere dire qualche cosa di demagogico. A noi preme avvertire che sarà costoso. Dopo due anni è impossibile non accorgersi, al netto delle numerose truffe, che il reddito di cittadinanza è un fallimento. Cosa che sapevamo già, da prima, ma che ora ha la sua certificazione sperimentale. Le “politiche attive del lavoro” sono rimaste un gargarismo di cui neanche sono in grado di spiegare il significato. I percettori che potrebbero lavorare non hanno trovato lavoro, nel mentre scarseggiano lavoratori per ogni dove. I navigator sono divenuti l’ennesima piaga di contratti a termine ridenominati “precari”, nei confronti dei quali si ha una specie di dovere morale a rinnovarli, anche se inutili. Il meccanismo di esclusione dall’assistenza al ricorrente rifiuto di lavoro non ha mai funzionato. Il minimo, ma proprio il minimo, consiste nel mettere mano a quello, togliendo ai salpati navigator l’esclusiva della proposta e allargandola ai privati che ne lascino traccia. Ma, per quel che resta dell’enorme legione parlamentare pentastellata, sarebbe da considerarsi avversione ideologica alla loro geniale trovata ogni ipotesi di confronto con la realtà, così dimostrando che quella loro non è manco ideologia, ma cieco misticismo. E vabbè, pazienza: si è pagato fino ad adesso e si pagherà ancora per un po’. È un pessimo esempio, un assai brutto vedere, una forma d’arroganza ricattatrice, ma non cascherà il mondo. Sì, ma fino a un certo punto. Entro fine luglio la Banca centrale europea dovrebbe far conoscere le caratteristiche di un nuovo strumento, suggestivamente indicato come “scudo”, in grado di evitare la frammentazione interna circa i tassi d’interesse. Un modo, insomma, per tenere a bada gli spread. Che si divaricano non perché il mondo sia brutto e cattivo, ma perché abbiamo un debito eccessivo. Ora, a parte che strumenti di soccorso a chi è in difficoltà esistono di già, a parte che i più alti lai avverso le ciambelle si levarono da chi sta a mollo, il punto è che ogni garanzia, in questo mondo, sposta un rischio e un costo. Tanto che, ragionevolmente, c’è chi vorrebbe almeno ci siano delle condizioni. Che per noi sarebbero costrizioni. E che facciamo noi? Annunciamo al mondo che il governo Draghi resta in piedi perché si consente a chi riceve un sussidio di rifiutare d’andare a lavorare, considerando l’essere mantenuto dagli altri lavoratori e pagatori di tasse un diritto di cittadinanza? Suggestiva premessa per sentirsi spedire laddove il MoVimento si propose, fin dagli albori, di spedire gli italiani ancora capaci di far di conto. Certo che la politica estera viene prima. La coesione occidentale. La necessità di incardinare meglio il Pnrr. E così via. E certo che il conto di quell’obbrobrio è salato, ma non destabilizzante. Però il suo prezzo morale è altissimo. A cominciare dal fatto di far credere agli italiani che si possa avere “aiuto” per decreto e di far sapere ai concittadini europei che noi italiani avremo sempre bisogno di “aiuto”. Il che è imbarazzante, nonché il più micidiale attacco alla sovranità e alla dignità. L’alternativa? Prendersi in giro, prendere tempo, rimandare tutto in Parlamento e lì constatare che il solo capace di rompere è anche il solo a non essere parlamentare. Di Davide Giacalone

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