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Vino: in Alto Adige viticoltura regge a siccità, sempre più sostenibile e a braccetto con il food

20 Luglio 2022

Roma, 20 lug. (Labitalia) – E’ uno dei territori vitivinicoli più piccoli d’Italia, l’Alto Adige, ma grazie alla sua posizione geografica è anche uno dei più variegati e tra i pochi che in questa torrida estate 2022 non ha sofferto la siccità. “Fino adesso nel nostro territorio ce la siamo cavata bene. Abbiamo la fortuna di poter irrigare la maggior parte dei vigneti e nella nostra zona la siccità non è stata così forte come nel resto del Nord Italia: ha piovuto e poi in montagna ci sono risorse idriche. Dunque, finora è andata bene, ma ora arrivano mesi in cui può diventare ancora un problema. Vedremo, quindi, come sarà ad agosto e a inizio settembre”, spiega Andreas Kofler, classe 1983, da pochi mesi alla guida del Consorzio vini Alto Adige e da sette anni a capo della Cantina Kurtatsch.

In Alto Adige la viticoltura, infatti, si estende dai piedi dei massicci alpini più elevati a Nord, fino ai vigneti di un paesaggio decisamente mediterraneo a Sud: 5.000 viticoltori si dividono una superficie vitata di poco più di 5.600 ettari, distribuita nelle zone climatiche più disparate, su terreni e a quote diverse, che consentono di coltivare ben 20 vitigni. Oggi, il 62% della superficie vitata in Alto Adige è coltivata a vitigni bianchi, fra i quali figurano anche alcune ‘specialità’ sempre più apprezzate come il Riesling, il Sylvaner, il Veltliner, il Müller Thurgau o il Kerner, che prosperano soprattutto nei vigneti freschi che sovrastano le valli più settentrionali della provincia. Ultimamente, poi, si stanno diffondendo vitigni di nuova selezione resistenti ai funghi, come il Bronner, il Solaris, il Souvignier Gris o il Cabernet Cortis, ma non hanno certo soppiantato i vitigni consolidati come il Pinot Grigio o lo Chardonnay, che continuano a vantare una presenza stabile in termini di superfici coltivate.

Vini che hanno nel mercato nazionale e locale il loro principale sbocco e questo ha fatto sì che la guerra in Ucraina non abbia comportato perdite sul fronte dell’export. “Abbiamo la fortuna di poter esportare in quasi tutto il mondo, una parte andava anche verso la Russia. Ma per noi il mercato principale è quello italiano e regionale in particolare, dove vendiamo la maggior parte dei nostri vini. Quindi, pur avendo aziende che hanno lavorato anche con il mercato russo, la guerra non ha inciso molto sulle nostre vendite”, sottolinea il presidente del Consorzio vini Alto Adige.

Tra le realtà altoatesine che avevano rapporti commerciali con la Russia, c’è la cantina San Paolo ad Appiano – fresca di ristrutturazione, che vanta nella sua proprietà un bunker della Seconda Guerra mondiale, oggi utilizzato per l’invecchiamento dello spumante – come spiega il presidente Dieter Haas: “Sulla Russia avevamo due clienti importanti, forse ne perdiamo uno. Ma soprattutto esportiamo molto negli Usa, anche in Giappone e Corea si vende bene e la Cina sta cominciando”.

Quella della cooperativa vitivinicola, in Alto Adige, dove si chiama Kellerei (Cantina), è una forma molto diffusa, dato il gran numero di piccolissimi produttori, che ne sono soci conferitori e il cui contributo è da sempre tutelato e salvaguardato. Ciascuno lascia la propria impronta e per tutti l’obiettivo è di proteggere la natura, tutelare le tradizioni, salvaguardare il territorio inteso come fattore identitario e patrimonio comune. C’è anche chi custodisce viti centenarie, quelle dello storico vitigno Schiava, che dà vita a un rosso ‘beverino’, come la Cantina Girlan a Cornaiano, fondata nel 1923.

Nel vigneto e in cantina, i vignaioli altoatesini possono contare, infatti, su un’esperienza maturata e tramandata di generazione in generazione, combinandola all’attenzione crescente per una viticoltura naturale e sostenibile, e alla voglia costante di rinnovarsi. Nei vigneti altoatesini, spesso molto erti e scoscesi, il lavoro manuale è tuttora una pratica scontata, e questa cura così meticolosa delle viti non giova solo alla qualità delle uve, ma dà un contributo importante anche alla tutela del paesaggio. Ecco perché in Alto Adige si praticano metodi di coltivazione a basso impatto ambientale.

Tra questi, certamente il biodinamico, diventato ormai ‘cifra stilistica’ per i vini di Alois Lageder. “Un metodo che mio padre ha studiato fin dagli anni Settanta. Poi nel 2004 è arrivato il momento giusto per partire, serviva prima un salto di qualità. Oggi lo stesso approccio vogliamo trasferirlo in cucina e per questo abbiamo creato il nostro orto, che ci ha permesso di superare il concetto di monocultura: non siamo più solo viticoltori. Così, anche il nostro ristorante certificato biologico, Vineria Paradeis, a Magrè, esprime la nostra visione biodinamica dell’agricoltura olistica. La chiave di tutto è la biodiversità, del resto il cambiamento climatico non si fermerà e dobbiamo capire come reagire in modo naturale”, afferma Clemens Lageder, che definisce quelli dell’azienda di famiglia, guidata oggi dalla sesta generazione, come “vini gastronomici, che accompagnano i piatti ma senza diventare dominanti”.

A sposare un approccio olistico, declinando la sostenibilità in chiave di lotta allo spreco alimentare è poi Gregor Wenter, che nel suo Bad Schorgau, gioiello nascosto nella natura in Val Sarentino, non solo propone piatti dove tutto si recupera e nulla si spreca, senza rinunciare al gusto, grazie alla creatività dello chef Mattia Baroni, ma addirittura ha dato vita al movimento Lafuga – ispirato alla difesa di ciò che la natura offre – che proprio qui si riunisce ogni anno.

A confermare il felice connubio tra cibo e vino, in Alto Adige, sempre all’insegna della sostenibilità, è ancora il presidente del Consorzio: “Abbiamo la fortuna di avere un territorio molto vario e di poter fare viticoltura dai 200 ai mille metri di altitudine adattando tante varietà diverse: vini rossi nelle zone più calde, da Bolzano fino a Cortaccia, e poi i bianchi andando fino a mille metri con diverse varietà, da Salorno fino a Bressanone. Per questo, sono vini che si sposano bene con diverse tipologie di cibo e di cucina. Un’altra fortuna è quella di avere molti ristoranti stellati, tradizionali e innovativi, che abbinano i piatti ai tanti vini che abbiamo”. Vino le cui note incarnano questi valori che da sempre rappresentano la firma stilistica del marchio ‘Vini Alto Adige’.

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