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La campagna elettorale del silenzio

Libertà di parola e necessità di silenzio anche in campagna elettorale

Se la politica non vuole astensionismo impari a tacere, anche in campagna elettorale. Qualcosa di buono può ancora essere fatto: ma sinistra e destra fa di tutto per fare l’esatto opposto.
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Libertà di parola e necessità di silenzio anche in campagna elettorale

Se la politica non vuole astensionismo impari a tacere, anche in campagna elettorale. Qualcosa di buono può ancora essere fatto: ma sinistra e destra fa di tutto per fare l’esatto opposto.
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Libertà di parola e necessità di silenzio anche in campagna elettorale

Se la politica non vuole astensionismo impari a tacere, anche in campagna elettorale. Qualcosa di buono può ancora essere fatto: ma sinistra e destra fa di tutto per fare l’esatto opposto.
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Se la politica non vuole astensionismo impari a tacere, anche in campagna elettorale. Qualcosa di buono può ancora essere fatto: ma sinistra e destra fa di tutto per fare l’esatto opposto.
C’è libertà di parola e necessità di silenzio. Se non vogliono convincere i più d’essere invotabili, se non vogliono fare campagna per l’astensione: stiano zitti. Provino a pensare, prima di parlare. Perché a credersi tanto furbi ci si dimostra ottusi. Insisto a pensare che qualche cosa di buono si possa fare (ci arriviamo), qui ed ora, nella condizione data. Ma è impossibile non osservare che si sta facendo l’opposto. Nessuno creda che il problema sia il carattere di quello, le bizze dell’altro o i maneggioni in servizio permanente effettivo. Tutto questo è solo la conseguenza dell’esaurirsi di uno schema, di un modello che si fece nascere nel 1994, un insensato “noi contro loro” oramai privo di contenuti e colmo di sparacchiate imbarazzanti. Da lì si deve ripartire. Calenda e Renzi si rendano conto che importa nulla a nessuno di come si dividono le candidature e a chi le assegnano. Tanto più che l’elettore non può scegliere e questo schifo di sistema elettorale lo volle Renzi. Certo che prima di servire un piatto a tavola lo si prepara in cucina e che lì ci si sporca le mani, si tratta, si divide. Se ne ha piena l’anima dei moralismi senza etica: la politica è anche confronto di forze. Ma la cronaca diretta delle miserie e delle mitomanie no, la si può risparmiare. Anche perché il punto (che era) forte di quel gruppo sarebbe la credibilità e la stanno demolendo ora dopo ora. A destra siamo alle prese in giro: siamo uniti, ma poi vi diciamo su cosa e dopo il voto vi diciamo appresso a chi. Hanno assorbito la lezione e credono davvero di potere far credere che uno vale l’altro. Una flat tax al 15% per non si capisce ancora chi e quando, o una al 23%, o l’agevolazione alle imprese che assumono, o il taglio del cuneo fiscale non sono varianti del tema insulso “meno tasse”: sono modelli opposti e incompatibili. Questo a tacere delle promesse di pensioni e dentiere, segno che – almeno – hanno individuato il target anagrafico. A sinistra, con impareggiabile masochismo, sono tornati a parlare di patrimoniale, mentre a destra si giura che non le consentiranno. Avviso ai naufraganti: le patrimoniali ci sono già, talune anche truffaldine, come la Tari. Non vogliono Renzi, che inventò l’osceno bonus per i diciottenni, ma propongono la dote per i diciottenni: i programmi separati dalle idee. Promettono l’aumento dello stipendio, per gli insegnanti, alla media europea. Significa un accidente, perché dove gli stipendi sono più alti crescono nel tempo e per merito, mentre qui si continua ad assumere senza concorso e si paga a cranio e non a ora d’insegnamento (più numerose dove sono pagati meglio, guarda caso). Non sanno di che parlano. Coperture, compatibilità, conferma di progressiva diminuzione del peso percentuale del debito sul prodotto interno lordo sono tutta roba estranea a questa incontinenza verbale. I più accorti ti rispondono: ci sta pensando un tavolo per il programma. Fate pensare le sedie ma dite loro che si vota domani, non fra dieci anni. Un sistema si è esaurito e una classe politica dequalificata. Non capita per fatalità ma per aver fatto credere agli elettori che tutto sia una gara a offrire e a prendere, sicché: siete tutti fanfaroni, ma voto o per faziosità o per la promessa più conveniente; so che non sarà rispettata, ma manco quella degli altri. L’avere sguarnito la politica, l’avere preteso di confonderla con il moralismo da strapazzo ha corrotto e sfiancato il Paese. Siccome qui siamo, per evitare il declassamento morale, politico ed economico occorre che le confuse parti in causa riconoscano ora la necessità, dal 26 settembre, di smontare un sistema elettorale che premia il falso delle coalizioni, assicurandosi reciprocamente che non si metterà mano alla Costituzione sulla base di una maggioranza governativa. Meglio ancora se si riconoscesse la necessità di una stagione RiCostituente, tanto chiunque vinca non governerà nulla, in queste condizioni.   di Davide Giacalone

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