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Enrico Letta

Enrico Letta, il promesso sconfitto

Il vero capolavoro è arrivato niente meno che in occasione dell’inaugurazione ufficiale della campagna elettorale del Partito democratico, scelta dal leader Enrico Letta per ammettere che la partita è… persa.
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Enrico Letta, il promesso sconfitto

Il vero capolavoro è arrivato niente meno che in occasione dell’inaugurazione ufficiale della campagna elettorale del Partito democratico, scelta dal leader Enrico Letta per ammettere che la partita è… persa.
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Enrico Letta, il promesso sconfitto

Il vero capolavoro è arrivato niente meno che in occasione dell’inaugurazione ufficiale della campagna elettorale del Partito democratico, scelta dal leader Enrico Letta per ammettere che la partita è… persa.
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Il vero capolavoro è arrivato niente meno che in occasione dell’inaugurazione ufficiale della campagna elettorale del Partito democratico, scelta dal leader Enrico Letta per ammettere che la partita è… persa.

Sbandierare il rischio fascismo, fatto. Adombrare la svolta autoritaria, fatto. Attaccare con acredine i politici teoricamente più vicini a sé, fatto.

È la breve storia (triste) della campagna elettorale del centrosinistra. Passano gli anni ma la tentazione di demonizzazione dell’avversario, di provare la sua distruzione in immagine resta irresistibile. Il vero capolavoro, però, è arrivato niente meno che in occasione dell’inaugurazione ufficiale della campagna elettorale del Partito democratico, scelta dal leader Enrico Letta per ammettere che la partita è… persa. Certo, non l’ha detto letteralmente (ci mancherebbe pure!) ma il suo ragionamento resta qualcosa che si fa fatica ad ascoltare senza strabuzzare gli occhi. Letta chiede di votare Pd, ma per cosa? Per raggranellare un 4% in più di quanto attualmente previsto dai sondaggi (!) ed evitare così almeno la vittoria a valanga del centrodestra, l’incubo del cappotto. Il pensiero sarà pure onesto e raffinato, sulla base della sciagurata legge elettorale che ci ritroviamo, ma resta semplicemente da perdenti. Non a caso, è stato sfruttato in tempo reale da Carlo Calenda per un’ironia perfida sull’atteggiamento mentale di Letta. Quanto a Giorgia Meloni, è sufficiente che giochi di sponda per aumentare il vantaggio, mentre i problemi le arrivano solo dall’interno della coalizione.

Antipatie fra vecchi e fugaci alleati a parte, è surreale che il segretario dem costruisca la campagna sui meccanismi di una legge elettorale che non è una maledizione piovuta dal cielo ma il monumento all’ignavia di un intero mondo politico. Letta avrebbe dovuto fare l’impossibile per cambiarla e ha avuto i 17 mesi del governo Draghi per farlo. Anche dare strumentalmente tutte le colpe al grande nemico Renzi ha stufato (vale anche all’opposto).

Ecco, il centrosinistra ha ancora tempo per provare a dire qualcosa, persino di originale. Non è vietato e potrebbe tirar fuori partiti e coalizione da quell’idea sconfortante di politica in sedicesimi che molto difficilmente potrà portare in una dimensione diversa da quella della sconfitta annunciata.

di Fulvio Giuliani 

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