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L’irrilevanza

Nonostante l’imminente apertura delle urne elettorali, la proposta dei partiti per il futuro delle città è nulla. Uno scenario preoccupante davanti alle sfide epocali che ci attendono.
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L’irrilevanza

Nonostante l’imminente apertura delle urne elettorali, la proposta dei partiti per il futuro delle città è nulla. Uno scenario preoccupante davanti alle sfide epocali che ci attendono.
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L’irrilevanza

Nonostante l’imminente apertura delle urne elettorali, la proposta dei partiti per il futuro delle città è nulla. Uno scenario preoccupante davanti alle sfide epocali che ci attendono.
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Nonostante l’imminente apertura delle urne elettorali, la proposta dei partiti per il futuro delle città è nulla. Uno scenario preoccupante davanti alle sfide epocali che ci attendono.
Fra poche ore si apriranno le urne, per una tornata di elezioni amministrative che in condizioni normali avrebbe infiammato i partiti, ridotto i leader sull’orlo di una crisi di nervi e messo il governo – qualsiasi governo – sulla graticola. Domani e lunedì, viceversa, milioni di italiani andranno a votare in un’atmosfera rarefatta, che neppure la classica accelerazione dell’ultima settimana è riuscita ad arricchire di pathos. Eppure, basterebbe mettere in fila le città chiamate a eleggere il sindaco: Roma, Milano, Napoli, Torino, per fermarci alle più popolose e politicamente significative. Invece, il nulla. Per nulla non intendiamo la clamorosa mancanza della tipica baraonda elettorale, cosa che di per sé potrebbe anche non essere una cattiva notizia, ma il nulla delle proposte per il futuro delle città e di un’idea di politica che riesca ad andare oltre l’ombelico e la stanca ripetizione dei soliti quattro temi identitari. Ormai i partiti vivono anestetizzati dalla presenza di Mario Draghi, in uno stato sospeso fra l’attesa e la quiescenza, cercando di capire le mosse del presidente del Consiglio. Hanno anche smesso di provare a intestarsi le iniziative più significative del governo, tanto è evidente che il loro apporto si riduce al voto in Parlamento. Lasciano fare al nocciolo duro dell’esecutivo creato dall’ex presidente della Bce per seguire i temi che contano davvero. A leader e leaderini non resta che l’illusione di poter riprendere il pallino del gioco, quando Draghi sarà finalmente al Quirinale, a guidare la Commissione Ue o il Consiglio europeo. Come se nulla fosse stato. È un atteggiamento mentale che ormai ha portato alla scomparsa dal dibattito pubblico di qualsiasi proposta dei partiti, che non sia un po’ di caciara a favore di tweet. Napoli affonda nel dissesto finanziario e dovremmo appassionarci a quanto la ‘rivoluzionaria’ alleanza Pd-Cinque Stelle possa mobilitare le masse, dopo che alle ultime elezioni non andrò a votare quasi nessuno. A Milano, la partita sembra chiusa a favore di Sala e nel centrodestra passano il tempo a farsi i dispetti. Roma è l’unico laboratorio di una certa rilevanza, dal punto di vista politico. Se Calenda dovesse riuscire ad approdare al ballottaggio, si aprirebbero scenari stuzzicanti da osservare. Si badi, non per scelta o capacità propositiva dei partiti, ma per un concatenarsi di eventi, che potrebbe rimescolare l’area moderata e rappresentare un’oggettiva novità. Un po’ poco, rispetto alle sfide epocali che ci attendono. Mario Draghi non potrà succedere a sé stesso e non è clonabile, ma il dopo non può essere un irresponsabile salto nel vuoto. di Fulvio Giuliani

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