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Tecnologia e tutela del made in Italy: riflessione dell’agronomo dott.ssa Maria Saveria Modaffari

18 Marzo 2025

(Adnkronos) – Milano, 18 marzo 2025. “Il Made in Italy nel settore agroalimentare rappresenta la tradizione culinaria italiana composto da biodiversità culturale che con le sue ricette e prodotti ispira e “influenza” le tendenze gastronomiche di tutto il mondo.

Stando agli ultimi dati la filiera agroalimentare vale in Italia 580 miliardi di euro (un quarto del Pil nazionale) e vede impegnati 4 milioni di lavoratori. Inoltre, la cosiddetta Dop economy – che può contare su 297 specialità DOP /IGP e 415 vini DOC /DOCG riconosciuti a livello europeo – rappresenta un settore con un forte ruolo nello sviluppo dei distretti agroalimentari del Paese.

I dati del rapporto Qualivita attestano per il settore una buona capacità di tenuta e continuità produttiva, con un valore complessivo della produzione pari a 19,1 miliardi di euro (+16,1% su base annua) e un export da 10,7 miliardi di euro (+12,8%).

Dop economy Opportunità e rischi per il Made in Italy agroalimentare

Inoltre, secondo i dati Google presentati in anteprima ad Agrifood Future, il periodo pandemico ha rappresentato un vero e proprio momento di crescita (+37% nel 2020) per le ricerche online relative all’agroalimentare italiano. Questa crescita non si è più arrestata, sebbene con percentuali meno discrete, anche negli anni successivi. Questo interesse si rilegge anche nelle esportazioni in crescita.

Appare subito chiaro come l’agrifood rappresenti una leva strategica fondamentale per la crescita economica del Paese, per il numero di addetti coinvolti e il valore complessivo della produzione e valorizzazione del brand Made in Italy, ma anche per l’indotto connesso al turismo enogastronomico.

Ma anche per un mercato di eccellenza come quello del Made in Italy agroalimentare le minacce sono molteplici: dai cambiamenti climatici che mettono a rischio le produzioni e la qualità delle stesse al proliferare di pratiche sleali come l’Italian Sounding.

Con questo termine si fa riferimento all’utilizzo, su etichette e confezioni, di denominazioni, riferimenti, immagini e marchi che evocano l’Italia per commercializzare prodotti (soprattutto, ma non esclusivamente agroalimentari) inducendo ingannevolmente a credere che siano autentici.

Ciò provoca conseguenze dannose non solo ai produttori italiani – che vedono i loro introiti ridotti -, ma anche ai consumatori, se si considerano problemi legati alla qualità e alla sicurezza alimentare dei prodotti.

La risposta al fenomeno della contraffazione dei prodotti alimentari Made in Italy giunge inevitabilmente dall’innovazione: una delle forme più efficaci per tutelare questi prodotti è la tracciabilità. È fondamentale associare a ciascun prodotto una “carta d’identità” che consenta di seguire i movimenti di un alimento rispetto a qualsiasi punto della supply chain, garantendo a consumatori e imprese maggiori certezze sulla provenienza e sulla qualità.

tracciabilita made in italy Opportunità e rischi per il Made in Italy agroalimentare

Così facendo si potrebbe “misurare” il valore di mercato non in riferimento al prodotto finito, ma in riferimento alla sua intera filiera nell’ottica di una sostenibilità concreta, misurabile e certificata.

A supporto della tracciabilità, negli ultimi anni, ai tradizionali sistemi informativi aziendali si sono aggiunte tecnologie innovative come RFID ed NFC, per tagging ed etichettatura, IoT e tutti i sistemi di sensoristica, ma anche la Blockchain per garantire l’immutabilità delle informazioni.

Innovazione dai dati

L’Internet of Things permette di raccogliere informazioni dal mondo fisico attraverso i sensori, ricostruire nel dominio digitale lo scenario e fare previsioni, con il supporto dell’Intelligenza Artificiale, riguardo i fenomeni che possono verificarsi. La Blockchain permette di costruire una catena di trust e trasparenza sulla provenienza e sui processi di lavorazione e contribuisce ad affrontare i temi della tutela e della valorizzazione.

Ma alla base di queste tecnologie c’è un mare di dati. I sistemi agricoli, infatti, generano una grandissima mole eterogenea di informazioni.

La parola “dato” può in alcuni casi risultare fuorviante: nell’era dell’informazione e dei Big Data, essi divengono “utilizzabili” non quando possono essere contati, ma quando in essi è possibile trovare forme e schemi ricorrenti.

La vera sfida deve, allora, riguardare non solo la raccolta dei dati ed il loro relativo stoccaggio – operazioni che in alcuni casi possono essere disagevoli anche a causa di una carenza di infrastrutture -, ma anche e soprattutto la capacità di elaborare le informazioni ed interpretarle.

C’è necessità di immaginare soluzioni tecnologiche a partire dalle peculiarità del nostro sistema produttivo. Ciò significa, spesso, intervenire su “comparti” apparentemente distanti da ciò che riguarda la tecnologia in senso stretto. Significa intervenire sulle infrastrutture, sulle competenze dei lavoratori del settore, sulla creazione di ponti e di sinergie tra produttori, decisori politici, scienziati e consumatori. Immaginare piattaforme condivise in grado di mettere in comune dati, esperienze, conoscenze e competenze”afferma Maria Saveria Modaffari agronomo ed esperta in agroalimentare

Ufficiostampa@centroserzieconsulenza.it

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