Ambiente, ingegneri: “Piano nazionale di ristrutturazione del costruito entro il 2025”
Siena, 3 ott. (Adnkronos/Labitalia) – “Nel 2025 l’Italia dovrebbe disporre di un Piano nazionale di ristrutturazione del costruito, ma al momento non sappiamo con esattezza dove si trovano gli edifici più energivori”. A dirlo il Centro studi del Consiglio nazionale degli ingegneri, in occasione del 68° Congresso nazionale degli ingegneri d’Italia, in corso a Siena. “Rendere progressivamente meno impattante dal punto di vista energetico l’ambiente costruito – spiega – ha un costo e richiede una strategia di medio lungo periodo che, al momento, il nostro Paese sembra non volersi dare. Il dibattito acceso che ha coinvolto l’uso dei cosiddetti Superbonus per l’edilizia e la posizione dell’attuale Governo che ha sempre considerato questa operazione come un costo netto per lo Stato senza alcun beneficio, fa comprendere come il problema sia complesso. La Direttiva europea Epbd per l’efficientamento energetico degli edifici, approvata a marzo 2024, pone tuttavia molti quesiti e problemi al momento irrisolti”.
“I Paesi membri – ricorda il Centro studi – dovranno provvedere a ridurre del 16% i consumi energetici degli edifici entro il 2030, considerando come anno di inizio il 2020 e attestarsi ad una riduzione del 20-22% al 2035 intervenendo sia con nuove costruzioni ad impatto zero che, soprattutto attraverso opere di ristrutturazione di edifici esistenti, intervenendo in una prima fase sul 43% di quelli più energivori. A partire dal 2028 gli edifici pubblici di nuova costruzione e dal 2030, tutte le altre tipologie di nuovi edifici, dovranno essere ad emissione ‘zero’ di combustibili fossili. Entro il 2025 ciascun Paese dovrà presentare alla Commissione europea un Piano nazionale di ristrutturazioni che individua l’esatto percorso e le metodologie di intervento finalizzate a raggiungere il taglio dei consumi energetici derivanti da fonti fossili”.
“Sullo sfondo restano tuttavia – osserva – molti punti essenziali da chiarire e soprattutto fondamentali questioni di metodo da definire. La Direttiva prevede che l’intervento massiccio di ristrutturazione inizi dagli edifici più energivori, ma in realtà, non si sa con esattezza quali essi siano. Sappiamo ad esempio, attraverso la banca dati Enea sulle Attestazioni di prestazione energetica, che gli immobili residenziali nelle classi meno performati, ovvero E, F e G rappresentano il 70,1% del totale dei 12 milioni di immobili presenti in Italia. Ragionando in termini unità abitative occupate da residenti (escludendo le case vacanza o seconde case), secondo le stime del Cni, quelli più energivori, secondo la classificazione nazionale (classi E, F e G) sarebbero 13,4 milioni. Siamo pronti ad affrontare lavori su così vasta scala, che coinvolgano in pochi anni circa 13 milioni di proprietari di immobili?”.
“Per potere progettare nel modo più efficace possibile – suggerisce – senza sprechi di risorse finanziarie, un intervento così massiccio come richiesto dalla Direttiva Epbd necessita di un livello di dettaglio ben più elevato di quello di cui si dispone attualmente. Da tempo, infatti, il Consiglio nazionale degli ingegneri ha messo in evidenza la carenza di dati di dettaglio sullo stato effettivo del patrimonio edilizio e la mancanza di diagnosi energetiche degli edifici (l’Ape non è una diagnosi energetica) che consentano sia di stabilire una scala di priorità che un insieme di interventi differenziati a seconda delle condizioni dei singoli edifici su cui si intende intervenire”.
“Il secondo aspetto – continua – riguarda il reperimento e la predisposizione di un piano finanziario che consenta, attraverso l’imprescindibile compartecipazione tra risorse pubblico e private, di realizzare interventi di ristrutturazione di lungo periodo. Anche sulla scorta dell’esperienza maturata in Italia con i Superbonus, sappiamo che realizzare piani simili a totale carico dello Stato è impossibile, così come è impensabile però immaginare che quote consistenti di un intervento che rientra comunque nell’alveo delle politiche sociali e per la tutela dell’ambiente, possano essere pagate dai singoli proprietari di immobili. Su questo aspetto il Governo non si è mai pronunciato”.
“D’altra parte – rimarca il Centro studi del Cni – non possiamo sottacere che le famiglie interessate a spese di ristrutturazione potrebbero essere numerose. Il Centro Studi stima che la prima parte di interventi ritenuti più urgenti, relativa, secondo le indicazioni della Direttiva, al 43% degli edifici più energivori coinvolgerebbe 11,8 milioni di alloggi utilizzati da residenti (sono quindi escluse le seconde case) e quindi altrettante famiglie. I risvolti sociali di tale operazione non possono essere sottovalutati. Ciò che tuttavia è più preoccupante è che giunti quasi alla fine del 2024 non esiste neanche la parvenza di un Piano di ristrutturazione degli edifici così come la Direttiva Europea Epdb vorrebbe”.
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