Caldo: Fillea Cgil a governo, cantieri a rischio, serve intervento normativo
Roma, 14 giu. (Labitalia) – “Se non cambiamo modalità organizzative e protettive per chi è direttamente esposto al sole aumenteranno notevolmente sia il rischio del colpo di calore e quindi di un infortunio (spesso mortale), sia il rischio di malattia professionale”. A distanza di un mese dalla richiesta urgente al Governo di un adeguato intervento normativo con provvedimenti a protezione dei lavoratori, la Fillea Cgil lancia un nuovo appello per la tutela della salute degli operai.
“Nelle ore più calde non possiamo più rincorrere l’urgenza. Da alcune amministrazioni locali sono arrivate le prime ordinanze che vietano il lavoro sopra i 35 gradi, ma non basta”, afferma Giulia Bartoli segretaria nazionale della Fillea Cgil che rappresenta i lavoratori nel settore delle costruzioni. “Occorre un intervento normativo serio e strutturale che riconosca definitivamente per gli operai edili e del lapideo l’accesso alla cassa integrazione per eventi climatici, fuori dal contatore delle 52 settimane massime attualmente previste” che preveda quindi “tutele automatiche per tutti i tipi di lavoratori, dipendenti e autonomi, con l’obbligo per le imprese a rimodulare orari e carichi di lavoro tramite specifici accordi con le Rsu e le organizzazioni sindacali con particolare attenzione alle piccole aziende”.
Inoltre, precisa la segretaria, “le stazioni appaltanti potrebbero contribuire a mitigare il rischio prevedendo eventuali ritardi nella consegna dei lavori in caso di interruzione per eventi climatici estremi e nelle situazioni più pericolose, sospendendo le attività più a rischio, con l’automatica accoglienza delle domande di Cigo da parte dell’Inps”.
E ancora precisa Bartoli, “Riteniamo che un intervento normativo come quello dello scorso anno non può bastare, servono subito norme ad hoc e un’integrazione al d.lgs 81/08 con chiare assunzioni di responsabilità del datore di lavoro e dei responsabili alla sicurezza di definire previsioni specifiche e vincolanti nei documenti alla sicurezza e, conseguentemente, nell’organizzazione del lavoro, nei sistemi di protezione e nella programmazione della sorveglianza sanitaria”.
“Purtroppo e ancora molto bassa la percezione del rischio da esposizione al caldo per questo si rende necessaria una maggiore formazione e informazione. Precarietà e vulnerabilità non aiutano. Spesso i datori di lavoro, rincorrono i tempi e concorrendo sui costi, non prevedono l’aumento delle pause, pertanto non garantiscono la disponibilità di acqua potabile vicino alle postazioni, oltre ad aree ombreggiate dove riposarsi. Tutti obblighi già presenti nel Testo unico del 2008 e ricordati periodicamente dall’Inps che se messi in pratica potrebbero sicuramente ridurre il rischio”, spiega ancora.
E poi conclude Bartoli “riteniamo fondamentale una rimodulazione di orari e carichi di lavoro tramite specifici accordi con le RSU e le organizzazioni sincacali con particolare attenzione alle piccole aziende dove difficilmente si riesce a fare accordi. Serve quindi una normativa più stringente che tuteli i lavoratori”.
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