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Costruzioni: Argenta Soa, imprese lanciano allarme, a rischio lavori e occupazione

21 Aprile 2022

Roma, 21 apr. (Labitalia) – “L’aumento dei costi delle materie prime, la scarsità di materiali e la carenza di personale qualificato rischiano di bloccare la ripartenza del mondo dell’edilizia. I dati elaborati dal nostro Osservatorio evidenziano i rischi all’orizzonte del settore. Questo stato di cose pesa in maniera significativa sulle prospettive di crescita del settore e del Paese”. A dirlo Giovanni Pelazzi presidente del Centro studi sugli appalti pubblici di Argenta Soa, una delle principali società organismo di attestazione che certifica le aziende per la partecipazione alle gare pubbliche, nel presentare l’analisi realizzata sui dati Istat e sui risultati della survey condotta negli ultimi dieci giorni dal Centro studi della società.

“Tre quarti degli imprenditori – spiega – segnalano la necessità di avere una compensazione non solo di una parte dei costi delle materie prime ma anche degli aumenti di prezzo delle componenti (apparecchiature meccaniche, materiali impiantistici) che rappresentano una voce di costo importante per le imprese”.

Questo uno dati che emerge dalle elaborazioni su un campione di imprese con attestazione Soa prodotte dal Centro studi di Argenta Soa, osservatorio nato all’interno della società per monitorare l’andamento del mercato degli appalti pubblici e dei settori produttivi coinvolti, con particolare riferimento al comparto delle costruzioni.

Le preoccupazioni maggiori delle imprese intervistate dal Centro studi si focalizzano prevalentemente su tre aspetti: il principale (60% dei rispondenti) è l’aumento dei costi delle materie prime, seguito da scarsità di materiali e carenza di personale qualificato (20% ciascuno); le attese sulla tendenza del settore delle costruzioni nei prossimi tre mesi sono di un netto peggioramento (per la quasi la totalità dei rispondenti). Rispetto agli interventi predisposti dal governo, le risposte dei partecipanti allo studio si dividono tra coloro che ritengono insufficienti le misure governative a tutela del settore e delle imprese (60%), anche a causa della lentezza degli interventi rispetto all’aumento dei prezzi, e coloro che non sono molto soddisfatti (40%).

I giudizi sulla possibilità di realizzare le opere del Pnrr dipende, secondo l’80% dei rispondenti, dall’implementazione di modifiche “sostanziali” al codice degli appalti e da un abbassamento dei costi di materie prime, intervenendo lungo la filiera per scoraggiare i fenomeni di speculazione che hanno contribuito al rialzo dei prezzi negli ultimi mesi.

“Quasi tre quarti degli imprenditori (74% delle risposte) – spiega Pelazzi- ritiene indispensabile implementare alcuni interventi finalizzati a compensare non solo una parte dei costi delle materie prime ma anche gli aumenti di prezzo delle componenti (apparecchiature meccaniche, materiali impiantistici) che rappresentano una voce di costo importante per le imprese e hanno ricadute significative sulla realizzazione degli interventi. Inoltre, viene sollecitata (90% dei rispondenti) la richiesta di riconoscere l’attestazione Soa anche per le imprese che realizzano lavori incentivati dallo Stato (che, quindi, ricadono in parte sul bilancio pubblico) anche se realizzati dai privati o, comunque, anche per i lavori sopra soglia (150mila euro), come avviene per gli appalti pubblici. Un altro aspetto interessante, infine, riguarda il tema della formazione del personale della Pa che è ritenuto, in molti casi, inadeguato a programmare progetti qualitativamente validi e provvedimenti adeguati”.

“Questa survey – dichiara Pelazzi – lancia un monito chiaro e netto: se si va avanti di questo passo, anche se al momento la situazione del settore è buona, rischiamo di non cogliere appieno le opportunità offerte dal Pnrr e di perdere un’occasione unica per modernizzare il Paese e sostenere la ripresa. Il Governo, che già ha fatto molto per il settore, deve continuare ad ascoltare la voce degli imprenditori e intervenire per prevenire, fino a quando è possibile, il peggioramento che già si intravede all’orizzonte. Ritardare significherebbe mettere a rischio l’esistenza di molte imprese e, quindi, la tenuta dell’occupazione in un settore che è cruciale in questa fase storica particolarmente delicata”

“La questione dell’aumento dei prezzi delle opere pubbliche – sostiene Giovanni Pelazzi- deve essere attentamente monitorata perché può rappresentare un ostacolo alla realizzazione delle opere introdotte dal Pnrr. Le imprese del settore si sono trovate ad affrontare elevati costi, non previsti nelle gare d’appalto, che hanno generato problemi di cassa a molte imprese, costrette ad anticipare pagamenti a prezzi molto superiori di quelli attesi. I prezzi di molti materiali da costruzione, secondo il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile, hanno raggiunto incrementi superiori al 70%: è il caso, per esempio, dell’acciaio, (oltre il 100% il costo dei nastri in acciaio usati nelle barriere stradali e oltre l’80% per le lamiere in acciaio Corten), del legname (+78%), rilevante anche l’aumento del costo del bitume (quasi +40%).”

“Guardiamo con favore – riprende Pelazzi – all’intervento fatto dal ministro Giovannini per semplificare e accelerare le procedure di compensazione per i costi dei materiali che hanno superato incrementi dell’8%. È una misura che dà sollievo alle imprese edili ma non è sufficiente: l’aumento dei costi delle materie prime e la scarsità di alcuni materiali hanno creato problemi non solo nella realizzazione dei lavori pubblici ma anche nell’esecuzione dei contratti privati, sottoscritti prima del 2021 sulla base di prezzi molto più bassi di quelli attuali; inoltre ha accresciuto enormemente il rischio di interruzione dei lavori con conseguenze sulla rescissione di molti contratti; anche nell’avvio di nuovi contratti su base d’asta ormai obsoleta si sono verificati molte gare andate deserte e infine anche problemi nella programmazione degli investimenti da parte delle stazioni appaltanti; per questo sarebbe importante realizzare preventivi, su determinati materiali, con validità immediata. Infine, è opportuno sottolineare che la mancata realizzazione dei lavori legati al Pnrr comporta un impatto rilevante anche sulla collettività, a causa della mancata realizzazione di opere di grande impatto sociale e occupazionale”.

“C’è un tesoretto – prosegue Pelazzi – creatosi tra le maglie della spesa statale grazie al miglioramento del quadro di finanza pubblica precedente allo scoppio della guerra. Un tesoretto che il Governo intende utilizzare per sostenere le imprese e le famiglie in questa particolare fase congiunturale, caratterizzata da elevata inflazione e da aumenti straordinari dei prezzi delle materie prime.

“Nel Def 2022 appena approvato – sottolinea – viene evidenziato, infatti, come il quadro di finanza pubblica sia più favorevole rispetto alle precedenti proiezioni, grazie al miglioramento dei saldi nel 2021: in assenza di nuovi interventi governativi, infatti, il deficit è atteso al 5,1% del pil, contro un target di 5,6% stimato nella Nadef a settembre scorso. Il governo ha deciso di mantenere il profilo di rapporto deficit/pil già indicato nella Nadef per tutto l’orizzonte di previsione e, in virtù di questo, ha creato lo spazio per interventi fiscali espansivi del valore di mezzo punto di pil quest’anno (pari a circa 10 miliardi di euro)”.

“Questi soldi – conclude Pelazzi- verranno utilizzati per mitigare gli effetti dell’aumento dei costi della bolletta energetica sui bilanci di famiglie e imprese (prorogando il DL Bollette) ma anche per aiutare le imprese a recuperare una parte degli extra costi lievitati a causa dell’aumento dei prezzi delle materie prime. Con particolare riferimento al settore delle costruzioni, che è uno dei comparti che sa risentendo di più dell’attuale situazione internazionale a causa dell’aumento dei costi di materiali per l’edilizia (cemento, calce, acciaio, legno), una parte del ‘tesoretto’ verrà utilizzata per coprire l’incremento dei prezzi delle opere pubbliche”.

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