Costruzioni, Giovanni Pelazzi: “Segnali ripresa anche grazie a sblocco cessioni crediti 110”
Roma, 20 ott. (Labitalia) – “Finalmente abbiamo segnali di ripresa anche grazie allo sblocco delle cessioni dei crediti del 110 ma all’orizzonte ci sono nubi legate al rialzo dei tassi d’interesse. Se da un lato abbiamo secondo l’Istat il ritorno alla crescita del settore delle costruzioni nel mese di agosto trainato dallo sblocco delle cessioni dei crediti dei bonus edilizi dall’altro ieri Eurostat ha rivelato che risulta in calo il mercato delle costruzioni nella Zona Euro ad agosto 2022”. Lo dichiara all’Adnkronos/Labitalia l’esperto Giovanni Pelazzi, presidente di Argenta Soa, una delle principali società organismo di attestazione che certifica le aziende per la partecipazione alle gare pubbliche, nel presentare un’analisi realizzata dal Centro Studi di Argenta Soa.
“Secondo Eurostat – spiega Pelazzi – la produzione nel settore delle costruzioni è diminuita di un -0,6% su base mensile, dopo il +0,2% registrato a luglio. Nell’Europa dei 27, il settore delle costruzioni ha avuto un decremento della produzione dello 0,4%, rispetto al +0,2% del mese precedente. Sono dati che vanno letti nella loro complessità”.
“Negli ultimi mesi – fa notare – dopo una primavera in cui in Italia assistevamo a un totale blocco dei cantieri in attesa che si sbloccassero le cessioni dei crediti sono stati fatti passi avanti con l’emendamento al Decreto Aiuti bis per sbloccare la cessione dei crediti legati ai bonus edilizi ma la risposta del sistema finanziario è ancora timida e soprattutto la ripresa degli acquisti riguarda ancora solo i lavori in esecuzione. Per i nuovi, come denunciato anche da Ance e Confindustria, vige l’incertezza”.
L’incertezza nella definizione delle regole e i ritardi degli ultimi mesi, secondo il Centro studi di Argenta Soa, hanno prodotto uno stato di incertezza e di preoccupazione che ha colpito sia gli imprenditori che le famiglie, generando rinvii e disdette per i lavori di ristrutturazione. “Il peso del comparto edile – commenta Pelazzi – è rilevante sia in termini di contributo alla crescita del pil (tra 2021 e la prima parte del 2022 ha dato il maggiore contributo alla ripresa economica) che in termini di occupazione, dando lavoro a circa 1,7 milioni di persone. Non tenere conto di ciò e lasciare cadere nel baratro le richieste degli imprenditori rappresenta, anche per il Governo che verrà, un errore che rischia di gettare sul lastrico molte famiglie”.
“Va guardato però con attenzione – sottolinea – il dato europeo perché è strettamente collegato alla politica monetaria. L’aumento dei tassi da parte della Banca centrale europea, deciso per frenare l’impennata dell’inflazione, oltre che poco efficace per frenare l’aumento dei prezzi dovuto a fattori di offerta (come è in Europa), aggiunge un’ulteriore zavorra alla difficile situazione economica attuale e genera ricadute negative sulla crescita futura. Il settore delle costruzioni, che già sta soffrendo molto per il caro materiali ed il caro energia, come denunciato da Ance e Confindustria, è tra i primi ad essere penalizzato a causa dell’impatto dell’aumento dei tassi sul costo dei mutui per acquisto delle abitazioni. La situazione è preoccupante”.
“Il comparto – chiarisce Pelazzi – per effetto degli aumenti dei tassi sarà uno dei più colpiti e sarà uno dei primi a risentire della politica monetaria restrittiva della Bce. Infatti, tassi di interesse più elevati hanno un impatto immediato sul costo del finanziamento sia per le famiglie che per le imprese. In particolare, già oggi il costo dei mutui a tasso fisso per le famiglie hanno superato il 4%, più di quattro volte il costo richiesto meno di un anno fa. Questo aumento ha un effetto immediato sull’economia reale: genera infatti una riduzione degli acquisti di abitazioni e, con molta probabilità, avrà un effetto anche sui lavori di ristrutturazione”.
“Questi due effetti da soli – aggiunge – genereranno nel 2023 una diminuzione dell’attività del settore edile. Senza considerare le ricadute negative di altri fattori che (inflazione, incertezza, conflitto, solo per citarne alcuni) secondo alcuni autorevoli previsori (da ultimo il Fmi nel recente World economic outlook) contribuiranno a mandare in recessione l’Italia tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo”.
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