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Criptovalute: boom con trading online, esperto avverte ‘6 italiani su 10 senza nozioni finanza’

17 Gennaio 2022

Roma, 17 gen. (Labitalia) – “Agli italiani mancano le basi più elementari delle conoscenze finanziarie. E non parlo di concetti sofisticati come il rapporto tra rischio e rendimento o quali prodotti scegliere, ai nostri connazionali mancano proprio le conoscenze più elementari dell’alfabetizzazione finanziaria”. E’ l’amara riflessione di Luca Lixi, co-fondatore di Aegis Scf e ceo di Lixi Invest, a commento del Rapporto 2021 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane’ pubblicato dalla Consob che ha evidenziato un aumento dell’interesse verso i temi finanziari.

E così, seppure la Consob certifichi un numero crescente di interesse legato ad argomenti come il trading online e alla criptovalute (in termini di masse negoziate, mostra come si sia passati da 132 a 141 miliardi di euro), Lixi rimane fortemente scettico sulla preparazione degli italiani, nonostante la dilagante presenza sul web di contenuti finanziari.

“Purtroppo, -dice- la rete è piena di personaggi ambigui che spacciano per educazione finanziaria corsi sul forex, sulle criptovalute e sul trading. Ciò genera un’enorme confusione su cosa significhi davvero investire e occuparsi delle proprie finanze personali. Il mio consiglio è quello di avvicinarsi ai vari materiali oggi disponibili con uno sano scetticismo, oltre che informarsi sulle competenze, la credibilità e l’esperienza reale di chi propone questi contenuti”.

In effetti, sempre la Consob, rileva che solamente il 50% degli italiani è in grado di rispondere a 5 domande di base relative a concetti quali la relazione tra rischio e rendimento, il tasso di interesse composto, l’inflazione, il mutuo e la diversificazione. E la percentuale scende al 40% se si considera coloro che potenzialmente potrebbero aver dato risposte casuali. “Fino al 2007 non ce n’era bisogno di avere una grande preparazione. O meglio, ci si poteva arrabattare anche senza. Negli anni d’oro della crescita italiana non c’era infatti bisogno di essere investitori sofisticati e non era necessario capire il funzionamento dei mercati azionari. Era sufficiente comprarsi i titoli di Stato (Bot o Bpt, soprattutto) qualche immobile da affittare o da rivendere a un prezzo più alto di quello di acquisto. Senza voler entrare in una discussione sui rendimenti reali (al netto dell’inflazione) di questi investimenti, che risultano essere molto meno entusiasmanti di quanto potessero sembrare, questi rendimenti erano in realtà sufficienti per tanti italiani”, ricorda Lixi.

“Anche perché i redditi erano comunque tendenzialmente in crescita, quindi anche la decisione di investire poco (o di non investire affatto) veniva comunque assorbita dall’aumento delle entrate. Nel 2007 questo meccanismo comincia a incepparsi e da allora tutti i trend hanno iniziato a virare in senso opposto: i redditi sono diventati stagnanti; gli immobili faticano a rivalutarsi o addirittura a essere venduti; i rendimenti di alcuni titoli di Stato sono addirittura negativi”, aggiunge.

In questa situazione, quindi, dove portare a casa qualsiasi rendimento è molto più difficile, il passaggio necessario da fare è quello di interessarsi di più al mondo della finanza. E capire quali altri strumenti, alternativi a quelli visti sopra, si possono usare per portare a casa un rendimento con un rischio accettabile. “Purtroppo – prosegue Lixi – questo passaggio non è ancora stato compiuto da molti risparmiatori, ma onestamente non me la sento di dar loro la colpa. Un po’ di pigrizia è fisiologica, spesso, le persone sono molto occupate con i loro affari per poter seguire in maniera efficace un argomento relativamente nuovo come la finanza personale”.

“Qui dovrebbero entrare in gioco gli esperti giusti, -auspica Lixi- in grado di spiegare l’educazione finanziaria in modo pratico e comprensibile. Ma questo ci porta ad altri problemi quando si parla di educazione finanziaria. Partiamo dal numero uno. Uno dei suggerimenti che ho sentito più spesso per risolvere la mancanza di educazione finanziaria è quello di insegnarla nelle scuole ma in realtà andrebbe attuata una rivoluzione culturale, partendo dal concetto stesso di ‘educazione finanziaria’ che è troppo spesso associato solamente al mondo degli investimenti. Assicurazioni, budget, finanza comportamentale, dovrebbero essere tutti aspetti che qualsiasi individuo dovrebbe conoscere adeguatamente per prendere decisioni finanziarie consapevoli”.

Ma c’è tempo e personale scolastico adeguatamente qualificato? Per Lixi la risposta è no. “Certo, un insegnante di matematica potrebbe rubare qualche ora alla sua materia per introdurre alcuni concetti chiave come il tasso di interesse e l’interesse composto, ma si tratterebbe comunque di una goccia nell’oceano. Senza contare che la gestione dei propri soldi ha una fortissima componente emozionale, e non basta saper fare 2+2 per prendere le corrette decisioni finanziarie. In più, molti professori non investono personalmente i loro risparmi e non hanno una solida comprensione del sistema capitalista in cui viviamo e su cui gli investimenti sono basati. Senza la giusta mentalità e l’avere skin in the game, letteralmente ‘la pelle in gioco’, espressione inglese che significa essere coinvolti direttamente, molti concetti non si possono insegnare. Il risultato finale dell’educazione finanziaria insegnata a scuola è un’accozzaglia di concetti teorici e nessuna attenzione alla parte pratica e psicologica. Quindi, insegnare l’educazione finanziaria a scuola può essere un buon inizio ma finché non si risolveranno i problemi che abbiamo appena visto, i risultati saranno sempre piuttosto scarsi”.

Tuttavia, c’è ancora un barlume di speranza: la Consob ha anche rilevato che il 6% degli intervistati fa parte di web communities finanziarie e che un altro 16% si dichiara potenzialmente interessato a partecipare. “Come fondatore del gruppo Facebook Wikilix, la community di finanza personale e investimenti più grande d’Italia, lo trovo un dato interessante e migliorabile ma, come detto, c’è ancora tantissimo da fare”, conclude.

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