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Def: Consulenti del lavoro, crisi energetica e conflitto, ripresa a rischio rallentamento

11 Aprile 2022

Roma, 11 apr. Labitalia) – “Il conflitto in terra ucraina ha accentuato la crisi energetica, con conseguente rischio di rallentamento della ripresa economica, che risulta essere fondamentale per rispondere al debito pubblico che il nostro Paese ha contratto per gestire la crisi sanitaria da Covid-19. Peraltro, è altresì importante evidenziare che l’incremento consistente della domanda, dovuto alle riaperture e alle misure di stimolo dell’economia, è stato solo parzialmente seguito dalla riattivazione della produzione. Tale contrazione economica è dovuta all’aumento incontrollato del costo legato all’energia e più in generale delle materie prime, che limitano sensibilmente, se non addirittura totalmente, i margini economici delle imprese”. E’ quanto si legge nel documento con le osservazioni dei consulenti del lavoro sul Def 2022, presentato poco fa in audizione dal vicepresidente del consiglio nazionale dell’ordine, Francesco Duraccio.

“Altri fattori determinanti, che incidono negativamente sull’andamento appena descritto, sono legati alla carenza delle materie prime e degli approvvigionamenti delle stesse nonché ad una crisi economica e sociale che non ha precedenti nella storia recente e che è stata generata in tutta la sua complessità da una serie di concause. Il primo motivo è naturalmente connesso alla gestione dell’emergenza sanitaria, ma ad incidere in misura tutt’altro che marginale vi è anche la crisi internazionale derivante dal confitto ucraino”, spiega il documento.

“L’incertezza e l’instabilità che stanno caratterizzando questa fase pesano in modo significativo sull’intera economia, continuando ad alimentare la disoccupazione e la crisi del potere di acquisto delle famiglie. Di tutto ciò il documento di Economia e Finanza, approvato dal Consiglio dei Ministri, ne tiene conto, rivendendo al ribasso il trend decrescente del rapporto deficit/PIL per i prossimi anche in considerazione della pressione inflazionistica che lo scenario descritto rischia di alimentare. Tuttavia, il Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro intende esporre il proprio contributo di idee sui seguenti aspetti che, meglio attenzionati, potrebbero dare un quadro più verosimilmente realistico dello scenario economico e sociale nel medio periodo”, continua il documento.

“I recenti interventi del Governo finalizzati a diminuire la pressione fiscale sui redditi da lavoro dei soggetti con nuclei familiari con figli a carico, concretizzatisi con la riforma fiscale introdotta dalla legge 234/2021( Legge di Bilancio per il 2022) e con l’introduzione dell’Assegno unico universale, benché condivisibili nella finalità, parrebbero, almeno in fase di prima applicazione, non generare i risultati attesi. Si evidenzia come l’assegno unico e universale, strumento istituito e regolamentato dal d.lgs. n. 230/2021, in attuazione della legge delega n. 46 del 1° aprile 2021, ha sostituito e unificato le misure di sostegno economico per le famiglie, precedentemente rappresentate dalle detrazioni fiscali per i familiari a carico e dagli assegni per il nucleo familiare”, si legge ancora nel documento.

“L’importo dell’assegno unico, erogato a partire da marzo dall’Inps, è modulato sulla base della condizione economico/patrimoniale del nucleo familiare, individuata attraverso l’Isee, tenendo conto dell’età dei figli a carico e dei possibili effetti di disincentivo al lavoro per il secondo percettore di reddito nel medesimo nucleo. Nell’ammontare dell’Assegno si tiene conto, inoltre, di situazioni particolari come nuclei familiari con più di due figli o con figli disabili o costituiti da madri con meno di 21 anni, per le quali sono previste maggiorazioni”, continua il documento.

“La riforma, il cui scopo, a detta del Legislatore, era quello di contrastare la denatalità e contestualmente favorire la conciliazione fra i tempi di vita e di lavoro, in particolare quelli femminili, ha in realtà soltanto riordinato i sussidi esistenti. Questa fase di prima applicazione dell’Assegno sta, infatti, generando confusione, false aspettative e delusione in capo a molti di quei nuclei familiari che avrebbero dovuto essere i principali beneficiari della nuova misura. Infatti, la determinazione dell’Isee familiare tiene conto, non solo della situazione reddituale che, sino ad oggi, ha caratterizzato tutte le forme di sostegno alla famiglia, ma anche della situazione patrimoniale (abitazioni, autovetture, giacenze medie dei conti correnti, assicurazioni ecc.) che non necessariamente fotografa la ricchezza di un nucleo familiare”, aggiunge ancora il documento.

“Gli unici a trarre benefici dalla nuova misura sembrano essere i nuclei in possesso di un Isee particolarmente basso (sotto la media) o le famiglie che, avendo redditi e Isee significativamente alti, in passato non hanno mai beneficiato di Anf. È lecito chiedersi, quindi, se sia stato veramente opportuno eliminare misure basate su parametri di natura reddituale, e se l’introduzione del nuovo strumento, unitamente alla riforma dell’Irpef, stiano realmente diminuendo la pressione fiscale aumentando il potere d’acquisto del reddito delle famiglie”, si legge ancora nel documento.

“La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro ha elaborato un approfondimento dal quale emerge che nella maggior parte dei casi, lavoratori con redditi di livello basso o medio subiscano delle penalizzazioni nel mentre la ratio riformatrice era orientata ad un generale ed universale intervento migliorativo delle condizioni economiche dei lavoratori, di tutte le fasce reddituali e senza distinzione di tipologia, includendo questa volta anche il lavoratori autonomi. Se queste prime analisi dovessero essere confermate, unitamente al crescente aumento dei prezzi dei beni al consumo ed a quelli per i rincari delle utenze domestiche, la previsione della pressione inflazionistica dovrebbe essere ulteriormente rivista in termini negativi”, concludono allarmati i consulenti del lavoro.

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