Infortuni, Cni: “Per sicurezza porti ridefinire layout aree di carico e scarico merci e catena di movimentazione”

Salerno, 20 giu. (Labitalia) – Investire nelle aree di carico e scarico merci per una maggiore sicurezza dei porti. E’ questo il messaggio lanciato dal Consiglio nazionale degli ingegneri e della Fondazione del Cni, oggi in occasione della tredicesima giornata nazionale dell’ingegneria della sicurezza, attraverso lo studio ‘Sicurezza come fattore competitivo: il caso dei porti italiani’, a Salerno. Il settore dei trasporti e della gestione e movimentazione delle merci si caratterizza ancora oggi come uno dei comparti produttivi a più elevato rischio di incidenti sul lavoro, sebbene negli ultimi anni siano stati compiuti notevoli progressi in termini di prevenzione e di contrasto a situazioni di pericolo; prova ne è la flessione dell’8% dei casi denunciati tra il 2019 ed il 2023 secondo i dati messi a disposizione dall’Inail, a fronte di una flessione del 7% a livello nazionale. Uno studio condotto nel 2022 dalla società di consulenza Rightship indica come almeno la metà degli incidenti afferenti al comparto dei trasporti marittimi abbia luogo nell’ambito di banchine portuali, piazzali o terminal container.
L’Inail rileva come nel 2023 (ultimo dato di dettaglio disponibile) si siano registrate nel settore dei trasporti e magazzinaggio 44.419 denunce di incidente, delle quali 34.628 riconosciute come casi effettivi di incidenti sul lavoro. Sebbene non si tratti della numerosità più elevata, perché superata da comparti come il manifatturiero, il settore energetico e quello sanitario, il tasso di rischio, calcolato rispetto agli occupati si rivela molto alto. Il settore dei trasporti registra attualmente 38,1 denunce di incidenti sul lavoro ogni 1.000 occupati nel comparto, rispetto alle 24,1 per 1.000 occupati nel settore manifatturiero e alle 25,9 denunce per 1.000 nel settore delle costruzioni.
I dati di dettaglio elaborati dall’Inail consentono peraltro di stimare la numerosità ed il trend di incidenti in ambito portuale, supponendo che le attività prevalenti (ma ovviamente non esclusive) in tali nodi logistici riguardino i servizi connessi ai trasporti ed alla gestione di impianti all’interno dell’area portuale e la movimentazione e gestione di merci. Considerando i soli incidenti riconosciuti dall’Inail accaduti sul luogo di lavoro (escludendo quindi quelli in itinere dovuti allo spostamento casa-lavoro) risulta che tra il 2019 ed il 2023: quelli che hanno coinvolto lavoratori che operano nei servizi a supporto dei trasporti in ambito portuale (esempio: gestione di eventuali impianti, operazioni legate alla gestione di navi e banchine ed altri servizi) sono passati da 275 a 242, con una flessione del 12%: i casi mortali sono stati nel periodo considerato pari a 7; quelli legati a lavoratori che operano nella movimentazione merci sono passati da 524 a 435, con una flessione del 16,9%. I casi di incidenti mortali sono stati complessivamente nel periodo pari a 6.
Solo un confronto con ciò che accade, per le medesime attività lavorative, in altri comparti dei trasporti (trasporti terrestri e trasporto aereo) può far comprendere il trend in atto. In linea generale è possibile rilevare che in tutti gli ambiti dei trasporti il numero degli incidenti denunciati e anche di quelli riconosciuti è in flessione, ma nei porti la riduzione è meno marcata rispetto a ciò che accade attualmente per i servizi legati al trasporti aerei e anche a quelli terrestri. Con i dati a disposizione è possibile dedurre che nei porti un’area su cui porre particolare attenzione è quella legata alla movimentazione di merci dove, ancora nel 2013, si sono rilevati oltre 400 casi di incidenti sul lavoro riconosciuti dall’Inail e negli ultimi 4 anni non si è mai scesi al di sotto di questo numero.
Da uno studio pubblicato dall’Inail nel 2018 dal titolo ‘Gli infortuni dei lavoratori del mare’, risulta che su un campione misto di eventi accidentali verificatesi sia in navigazione che in aree portuali, il 50% di casi riguarda incidenti su nave, buona parte dei quali connessi ad operazioni in porto legate alla movimentazione di merci o ad operazioni di ormeggio e disormeggio, mentre quasi il 40% degli incidenti riguarda direttamente i lavoratori portuali operanti nelle banchine e nei piazzali, nella maggior parte dei casi partecipanti alle operazioni di carico e scarico e di magazzinaggio, mentre un ulteriore quota del 9,6% riguarda incidenti che hanno luogo in officine, magazzini, impianti ed altri spazi di lavorazione merci e prodotti all’interno dell’area portuale. Sulla base delle rilevazioni effettuate in passato, l’Inail indica che le lesioni più frequenti in casi di incidenti in aree portuali riguardano nei tre quinti dei casi le fratture e gli schiacciamenti, nel 9,6% dei casi vi è l’annegamento e per un altro 9,6% figura la contusione.
Nei casi di studio condotti dall’Inail in ambito marittimo portuale i casi di incidenti più frequenti riguardano: il ribaltamento o l’investimento (28,9% dei casi analizzati), la caduta dall’alto o in profondità del lavoratore (25,3%), la caduta dall’alto di oggetti pesanti (16,9%) e la proiezione di solidi (10,8%). Alla luce di quanto detto, i porti si rivelano un ambito di osservazione di particolare rilievo, già molto studiato e posto all’attenzione degli esperti di sicurezza, in cui è possibile continuare a sperimentare metodi finalizzati alla salvaguardia dei lavoratori ed alla prevenzione dei rischi. Tra le tre macro attività più a rischio nei porti – quella di magazzinaggio, quella di servizi ai trasporti ed alla gestione degli impianti e quella di movimentazione delle merci – l’ultima secondo gli esperti è quella più critica. Le rilevazioni statistiche degli ultimi anni sono però confortanti in quanto il numero di incidenti in questo ambito specifico, pur mantenendosi elevato, tende leggermente a diminuire. I dati disponibili indicano tuttavia che occorre fare di più.
Dagli studi, in ambito portuale, finora condotti dall’Inail risulta che i fattori causali di infortunio più ricorrenti sono: le pratiche operative errate o disattenzioni del lavoratore infortunato stesso (40,5% dei casi analizzati dall’Inail); cui si aggiungono pratiche errate di soggetti terzi (10,6% dei casi); il secondo grande fattore di rischio è rappresentato da inadeguatezza o malfunzionamento o di attrezzature di protezione o di sistemi di segnalazione (23,5% dei casi analizzati dall’Inail), quindi da fattori o dispositivi presenti nell’ambiente in cui il lavoratore opera; al terzo posto vi è il mancato uso di dispositivi di sicurezza e protezione individuale (12,7% delle cause di incidente); al quarto posto figurano l’uso scorretto di utensili e quello di materiali che causano incidenti rispettivamente nell’8,5% e nel 4.2% dei casi.
I dati lasciano emergere almeno tre aspetti essenziali: in un gran numero di casi, in ambito portuale, la causa primaria dell’incidente è la scarsa percezione del rischio e la disattenzione che l’infortunato stesso pone alle procedure di sicurezza; procedure errate, l’uso sbagliato di macchinari e attrezzature e, ancor più, l’uso scorretto di dispositivi di protezione richiamano l’attenzione sulla necessità di sensibilizzare in modo continuativo, attraverso la formazione e l’aggiornamento continuo, lo stesso lavoratore al tema della sicurezza; è necessario continuare e repertoriare e conoscere le dinamiche degli incidenti sul lavoro in ambito portuale, prima di tutto perché i macchinari e le attrezzature stanno evolvendo molto velocemente anche con applicazioni intelligenti (che possono favorire migliori condizioni di sicurezza), ma rischiano di aumentare la velocità delle operazioni con effetti in termini di sicurezza che devono essere tenuti in considerazione.
Un’approfondita conoscenza delle dinamiche degli infortuni consente di comprendere meglio quali pratiche di prevenzione possono essere messe in atto; occorre continuare ad investire, anche in termini di ricerca, nel campo dei dpi, ovvero dei dispositivi di sicurezza che in alcuni casi dovrebbero essere sempre più personalizzati, a seconda delle mansioni e operazioni da effettuare. In questo senso si ribadisce l’importanza di intervenire su fronti diversi in merito: all’importanza di investire sull’addestramento e aggiornamento continuo dei lavoratori in base alla precisa mansione svolta, con una particolare focalizzazione sugli aspetti legati alla sicurezza; solo un aggiornamento costante, in grado di sollevare degli alert precisi in materia di sicurezza può permettere di evitare che sia il lavoratore stesso la causa primaria del proprio infortunio; alla necessità di continuare a studiare e catalogare la tipologia e la dinamica dei singoli incidenti che occorrono nelle aree portuali, investendo nel contempo in una normativa tecnica volontaria specializzata nella prevenzione degli incidenti in ambito portuale e nella elaborazione di PdR concernenti le operazioni portuali; all’opportunità di elaborare un piano nazionale per la sicurezza nei porti, che coinvolga attori diversi e che in modo molto operativo e sintetico definisca una serie di aspetti da monitorare, studiare e repertoriare per poi mettere in atto azioni formative e di sensibilizzazione più mirate di quanto non accada oggi, indirizzate ai singoli lavoratori ed alla parte datoriale.
Particolare attenzione deve essere ormai prestata anche alla repertoriazione dei near miss, in grado di offrire utili informazioni per attivare misure di prevenzione e sicurezza dei lavoratori; alla necessità di pianificare la manutenzione o la nuova realizzazione della viabilità interna e degli spazi di carico e scarico di merci in una prospettiva di sicurezza, delimitando le aree operative, garantendo nuovi sistemi di illuminazione, garantendo sistemi di controllo digitali delle singole operazioni, limitando la presenza umana in prossimità delle aree di movimentazione. Questi aspetti sembrano scontati ma sia nella fase di progettazione che di realizzazione rischiano di essere sottovalutati con effetti che impattano negativamente sulla prevenzione dei rischi. Studiare i metodi più efficaci di progettazione delle strutture portuali in chiave di prevenzione del rischio e diffondere tra i professionisti tecnici che svolgono il ruolo di progettisti questi aspetti molto specifici può rappresentare un passo in avanti nel diffondere una cultura della sicurezza su cui nel nostro Paese è bene investire sempre di più.
Occorre infine chiedersi quale sia il motivo per cui è utile focalizzarsi su un ambito così specifico come quello dei porti. Vi è innanzi tutto un vantaggio di ordine metodologico: analizzare le dinamiche e le problematiche della sicurezza su un ambito specifico permette, per molti versi, di focalizzare meglio le criticità ed i margini di miglioramento praticabili. Anziché parlare in generale di sicurezza, è utile calare la problematica su casi concreti e su un solo segmento di una filiera più ampia, nonché su problematiche specifiche determinate anche dalle caratteristiche del settore preso in considerazione. Nell’ambito dei porti, ad esempio, si è capito che tra le macro attività caratteristiche rinvenibili in ciascuna area portuale, quella legata alla movimentazione di merci presenta ancora oggi maggiori criticità rispetto alle altre.
Questo consente anche di focalizzare meglio e di sperimentare delle azioni di prevenzione del rischio sui lavoratori. Ma più in generale occorre dire che i porti rappresentano un interessante ambito per il quale è dimostrabile che una maggiore e crescente sicurezza dei lavoratori può contribuire alla maggiore competitività dei porti stessi. Occorre considerare che i porti italiani rappresentano dei nodi logistici di rilevanza strategica per l’economia italiana. Attraverso i 58 porti gestiti dalle 16 Autorità di Sistema portuale transita attualmente più del 35% delle merci importate ed esportate in valore e oltre il 50% delle merci in volume.
Gran parte delle filiere produttive del Paese dipendono in sostanza dai porti. Un loro cattivo funzionamento può avere ripercussioni notevoli sulle filiere produttive. Ma il corretto funzionamento dipende dagli oltre 16.000 addetti che vi lavorano e che hanno diritto di operare in sicurezza. Un porto non sicuro per chi vi lavora o vi transita è un porto che rischia di essere inefficiente. Nel 2024 sono transitati per i porti italiani più di 480 milioni di tonnellate di rinfuse secche e liquide e quasi 12 milioni di Teu in termini di container. I passeggeri transitati sono stati 73 milioni. Si tratta di flussi imponenti, che richiedono un elevato impiego di manodopera che deve agire sempre più con efficienza e velocità. Questo può comportare un innalzamento dei rischi di incidente sul lavoro e proprio per tali motivi il tema della gestione della sicurezza e di corretti investimenti in sicurezza nei porti assume particolare rilevanza. Occorre infine considerare che i porti sono oggi sottoposti ad una serie di trasformazioni che ‘stressano’ e stresseranno sempre più il tema della sicurezza dei lavoratori e che richiedono studi sul campo e la predisposizione di strumenti di prevenzione.
Tra i fenomeni più rilevanti occorre considerare: l’ulteriore espansione del cosiddetto ‘gigantismo delle navi’, con le navi container la cui portata è aumentata dell’80% negli ultimi 15 anni e quelle da crociera con un incremento del 70%, oltre alla crescita di portata delle navi petroliere che partivano già da grandi dimensioni. Nella maggior parte dei porti italiani serviranno ancora di più aspetti più critici dal punto di vista della sicurezza che è quello della movimentazione delle merci; il miglioramento dell’efficienza logistica attraverso la riduzione dei tempi di permanenza delle navi: il tempo medio di attesa nei porti italiani si attesta a 1,28 giorni contro 0,54 nei Paesi Bassi e 0,86 in Spagna.
Questo significa, quindi, che occorre intervenire, con opportuni investimenti, nella ridefinizione del layout delle aree di carico e scarico merci e nella catena di movimentazione, anche attraverso l’ampliamento degli spazi disponibili o attraverso la realizzane di nuove opere portuali, con impatti non indifferenti anche sugli addetti alla movimentazione delle merci; la presenza di alcuni porti che sono punto di arrivo di pipeline di gas, che richiedono per questo o nuove opere o particolari interventi di manutenzione e specifiche misure di sicurezza che vanno migliorate nel tempo; gli investimenti per l’elettrificazione delle banchine al fine di realizzare il processo di cold ironing, ovvero la fornitura di elettricità alle navi in stazionamento, da fonti meno inquinanti rispetto al petrolio. La presenza di impianti energetici o di parti di impianti energetici all’interno dei porti o nelle aree contermini (con parchi solari o solare e eolico offshore) implica interventi che molto spesso sono in grado di cambiare, almeno in parte, la configurazione stessa delle aree portuali; Ridefinire in un quadro organico tutti questi aspetti che mirino ad incrementare il livello di sicurezza dei lavoratori portuali appare dunque non tanto come una sfida futura, ma una sfida su cui, in particolare l’ingegneria, sin da ora deve confrontarsi.
“Noi riteniamo – ha sottolineato Angelo Domenico Perrini, Presidente del Cni, Consiglio nazionale degli ingegneri – che non serva inasprire le sanzioni. Bisogna lavorare sulla prevenzione e la premialità. Inoltre, per prevenire serve l’informazione e la formazione. Anche per questo, tutti coloro da cui dipende la sicurezza dei cittadini deve rientrare nell’alveo dell’albo professionale, con i conseguenti obblighi di formazione. Non va dimenticato, poi, che la sicurezza nei porti va rimodulata in relazione ai cambiamenti climatici che pongono nuove problematiche ai porti in seguito all’aumento del livello del mare e dell’erosione delle coste”.
“La 13° Giornata nazionale dell’ingegneria della sicurezza – ha ricordato Tiziana Petrillo, consigliera Cni con delega alla sicurezza e alla prevenzione incendi – viene suddivisa quest’anno in tre tappe. Non parliamo tanto di un evento, quindi, ma di un percorso che tocca i vari aspetti della sicurezza. Oggi parleremo di porti, ma quel che conta maggiormente è l’approccio comune a tutte le declinazioni del tema della sicurezza. Questo approccio deve vedere la sicurezza come investimento strategico. L’efficientamento della sicurezza porta a maggiore competitività. Qualsiasi pianificazione deve partire dai dati che ci permettono di individuare gli elementi critici. All’interno dei porti, sebbene si registri un calo di incidenti, resta alto il rischio, superiore a quello degli altri settori. Bisogna puntare sui meccanismi premianti e migliorare la governance di tutto il processo. Infine, va implementata la formazione, anche a partire dalla conoscenza dei dati”.
“La sicurezza sul lavoro e lo sviluppo produttivo – ha detto il ministro del Lavoro Marina Calderone – sono un binomio inscindibile. Competenza e professionalità sono elementi fondamentali per garantire la sicurezza sul lavoro. Iniziative come questa Giornata nazionale dell’ingegneria della sicurezza contribuiscono allo sviluppo della cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro”.
“Il Governo – ha ribadito il vice ministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto – è diretto nell’affrontare il tema della sicurezza sul lavoro e lo fa attraverso un provvedimento ad hoc. Il numero delle morti bianche ci obbligano a formare una commissione per la revisione delle norme del codice penale su questo tema. Ci possiamo accontentare dei soli profili sanzionatori? Non lo credo. Al profilo sanzionatorio va affiancato un profilo di prevenzione. Occorre fare di tutto affinché gli incidenti non accadano. Per questo serve un lavoro di squadra, le contrapposizioni tra le parti non aiutano. Servono adempimenti premianti. Se l’impresa che adotta il modello 231 e che rispetta fondamentali adempimenti per la sicurezza risponderà penalmente solo di colpa grave. La situazione va cambiata. Grazie al gioco di squadra riusciremo a migliorare i numeri attuali che non sono confortanti”.
“I porti – ha affermato il sottosegretario all’Interno Emanuele Prisco – sono un sistema complesso e la sicurezza diventa un momento fondamentale. Lavoriamo ad iniziative con i VVF e le capitanerie dei porti, soprattutto nella direzione della prevenzione. Fondamentale l’attività di prevenzione incendi, in particolar modo il lavoro dei professionisti anticendio iscritti negli appositi elenchi”.
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