Migranti: Inca Cgil, su pensione inabilità grazie a nostro impegno altra sentenza rende giustizia
Roma, 14 feb. (Labitalia) – “La concessione della pensione d’inabilità al lavoro non può essere vincolata al permesso di soggiorno di durata annuale. Con questa motivazione il Tribunale di Lucca, con la sentenza n. 36/2023, ha condannato l’Inps a riconoscere prestazione con decorrenza dalla data della domanda ad una persona straniera, diventata totalmente inabile al lavoro, regolarmente presente in Italia da più di un anno, ma al momento della domanda, titolare di un permesso di soggiorno di sei mesi per cure mediche”. E’ quanto annuncia l’Inca Cgil. “Assistito dalla legale di Inca, Carla Genovali, K. M. è riuscito -spiegano dal Patronato- ad ottenere quanto gli era dovuto in base al diritto nazionale ed europeo in materia di sicurezza sociale per gli immigrati. Nonostante K.M. avesse rinnovato con continuità il titolo di soggiorno dal 21 marzo 2022 al 20 settembre 2023, che attestava la presenza regolare e non episodica in Italia per più di un anno, l’Inps ha ritenuto di rigettare la richiesta della pensione di inabilità, considerando valido solo l’ultimo dei rinnovi per motivi di salute, che le Questure rilasciano per una durata limitata a qualche mese. Tanto è bastato per giustificare il rigetto della richiesta da parte dell’Istituto”.
“A conforto della decisione, nella sentenza -spiega l’Inca Cgil- si richiama la pronuncia della Corte costituzionale (s. n. 187/2010), che aveva già dichiarato illegittimo il comma 19 della legge finanziaria 2001, laddove limitava il riconoscimento delle provvidenze economiche ai soli titolari della Carta di soggiorno. Nella fattispecie, ‘negare le provvidenze sociali legate allo stato di invalidità ai titolari di permesso di soggiorno per cure mediche – si legge nella sentenza – si finirebbe per incorrere in una palese violazione del principio sancito dall’articolo 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo’ perché si tratta di ‘una prestazione destinata a far fronte al sostentamento di soggetto invalido grave’ che, proprio a causa del suo stato di salute, non può neppure rientrare nel paese d’origine”, aggiunge ancora il Patronato.
“Sulla durata del permesso di soggiorno, come prerequisito per l’accesso alle prestazioni di protezione sociale, diverse sono le cause pendenti, specchio di una legislazione poco chiara e spesso frutto di politiche contro e non a favore dei migranti”, commenta Cristina Moriconi, direttrice dell’ufficio Inca Lucca. Per questo, “si è scelta la strada -spiegano da Inca Cgil- di provare ad intervenire nuovamente di fronte alla Corte costituzionale; sia Cgil sia Asgi hanno deciso di intervenire nel giudizio a sostegno delle ragioni del sig. S. a conferma della portata generale che riveste la causa. Il caso pendente di fronte al Tribunale di Civitavecchia riguarda un cittadino straniero, attualmente titolare di un permesso di sei mesi per cure mediche, ma stabilmente presente in Italia da più di venti anni come lavoratore che, secondo l’Inps, non può ottenere la pensione di invalidità civile, sebbene sia affetto da una grave malattia invalidante”, conclude.
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