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Pnrr: Airtime, suicidio economico non usare 50 mld euro destinati a progetti Pa legati a digitale

24 Marzo 2022

Roma, 24 mar. (Labitalia) – “Il Pnrr destina quasi 50 miliardi di euro in progetti legati al digitale, sarebbe un suicidio economico non riuscire a utilizzarli interamente. La mancanza di strategie di lungo periodo negli ultimi anni ha rappresentato un fardello enorme che ci portiamo ancora addosso e che frena le prospettive di crescita potenziale del nostro Paese. I dati mostrano come introdurre tecnologie digitali consente di migliorare le performance aziendali rispetto a chi non è digitalizzato: +28% gli utili, +18% i profitti, +18% il valore aggiunto. La pandemia ha accelerato un processo già in corso ma i ritardi sono ancora molto ampi. Il Pnrr può essere una boa di salvataggio”.

Lo dichiara Orlando Taddeo, ceo di Airtime, nel presentare il focus su ‘Digitalizzazione e Pubblica amministrazione in Italia’, elaborato dall’Osservatorio sulla digitalizzazione di Mexedia, la nuova divisione di Airtime partecipazioni spa, nata per rendere le aziende e le organizzazioni più performanti e vicine al cliente utilizzando tutti i canali di comunicazione.

“In un contesto – dichiara Taddeo – che si sta fortemente orientando verso una maggiore innovazione digitale, anche in considerazione della transizione ecologica che richiede un sistema economico più sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale, l’Italia risulta ancora in una posizione arretrata rispetto ai principali competitor. Nel ranking europeo costruito sulla base del Desi (Digital economy and society index), l’indicatore annuale prodotto dalla Commissione Europea che misura il livello di digitalizzazione degli Stati membri, l’Italia mostra un significativo ritardo, occupando il 20° posto su 27. Nonostante i progressi conseguiti rispetto al 2020, il gap in confronto con le principali economie europee resta molto ampio: il nostro Paese primeggia su Cipro, Slovacchia, Ungheria, Polonia, Bulgaria e Romania”.

“Perché l’Italia è ancora indietro? – prosegue Taddeo – secondo la Commissione europea, tre fattori hanno inciso maggiormente su questo ritardo: il capitale umano, la connettività e la diffusione dei servizi pubblici digitali. Capire le principali ragioni che spiegano il ritardo italiano è cruciale perché ci offrono indicazioni sulla strada da seguire per modernizzare il nostro Paese e renderlo più competitivo, al pari con i Paesi più avanzati, in un contesto europeo e globale che sta velocemente cambiando”.

“Analizzando il dettaglio delle statistiche europee – osserva – si rileva come con riferimento alla componente ‘capitale umano’ l’Italia si collochi al 25º posto: solo il 42% delle persone di età compresa tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base (contro il 56% nell’Ue) e solo il 22% dispone di competenze avanzate (31% nell’Ue). Il nostro Paese risente in particolare di un basso livello di scolarizzazione digitale, un tessuto imprenditoriale caratterizzato dalla presenza di poche grandi aziende e un’età media molto elevata della popolazione”.

“Con riferimento alla connettività . continua – l’Italia si colloca, invece, al 23º posto: solo il 61% delle famiglie è abbonato alla banda larga fissa, contro il 77% della media europea, mentre la percentuale di famiglie che dispongono di una connessione veloce ha raggiunto il 28% nel 2020 (a fronte di una media Ue del 34%)”.

“L’aspetto molto preoccupante – sottolinea – è proprio il ritardo della Pa nell’implementazione dei servizi digitali, nonostante due anni di pandemia durante i quali è stato necessario garantire, a tutela della salute dei cittadini, il distanziamento sociale e ridurre al minimo i contatti. Molti dei siti della Pa sono semplici vetrine, che non sono utili al cittadino e non sostituiscono lo sportello fisico e la carta. Inoltre, per quanto riguarda l’erogazione dei servizi all’utenza tramite canali online e strumenti di pagamento utilizzati, vi sono ancora ampi margini di miglioramento”.

“I risultati dell’indagine di Banca d’Italia sull’informatizzazione nelle amministrazioni locali – commenta – indicano chiaramente la necessità di dotare le amministrazioni delle professionalità e delle competenze tecniche utili a superare i gap culturali dei dipendenti pubblici, di puntare sull’incremento delle risorse finanziarie ma soprattutto sulla formazione, tema cruciale anche nell’ambito dell’attuazione dei progetti del Pnrr”.

“Solo colmando questi gap – suggerisce Orlando Taddeo – si potranno dotare le pubbliche amministrazioni di persone in grado di accompagnarle verso una moderna organizzazione digitale nella fornitura di servizi a cittadini e imprese”.

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