Caso Yara: gip Venezia archivia pm Ruggeri indagata per frode processuale (2)
(Adnkronos) – Il gip Alberto Scaramuzza – lo stesso che aveva sollecitato approfondimenti sulla magistrata indagata per frode in processo e depistaggio – ha così dato ragione alla procura di Venezia che sollecitava l’archiviazione. Al centro della disputa c’era la conservazione dei 54 campioni di Dna – estratti dagli abiti di Yara e contenenti la traccia mista di vittima e carnefice – spostati dal frigo dell’ospedale San Raffaele all’ufficio Corpi di reato del tribunale di Bergamo. Un cambio di destinazione che interrompendo la catena del freddo (i reperti erano conservati a 80 gradi sotto zero) potrebbe aver compromesso il materiale biologico e la possibilità di nuove analisi.
Un trasferimento che sarebbe stato deciso dal pm Letizia Ruggeri senza attendere il provvedimento della corte d’Appello di Bergamo, giudice dell’esecuzione, ignorando l’allarme dei carabinieri sul rischio di deterioramento dei campioni di Dna e pregiudicando così la possibilità di un giudizio di revisione che la difesa da tempo persegue. Nella scorsa udienza la procuratrice aggiunta di Venezia Paola Mossa aveva ribadito la sua tesi: Letizia Ruggeri ha agito con “correttezza”, non mostrando “nessuna ‘ansia di distruzione'”. Se “è vero che nel provvedimento di confisca la corte d’Assise fa riferimento alla non opportunità di provvedere, allo stato, alla distruzione dei reperti, e che il deposito degli stessi in luogo non dotato di congelatori ne avrebbe probabilmente alterato l’integrità”, il cambio di luogo, dopo il verdetto definitivo, è solo una “soluzione di prudenza da parte del giudice” i cui costi economici – dopo la pronuncia della Cassazione sull’omicidio – le sarebbero potuti costare “l’ipotesi di una responsabilità sotto il profilo contabile”. Soprattutto “non vi era poi alcuna ragione perché la Ruggeri dovesse ‘temere’, così da volerlo impedire, il giudizio di revisione e con esso la possibilità di pervenire a un risultato diverso. La prova scientifica su cui si fonda il giudizio di responsabilità a carico del Bossetti è risultata assolutamente solida e non vi sono elementi per ritenere che accertamenti successivi e ulteriori possano inficiarla”.
Di opposto avviso la difesa di Bossetti che chiedeva il rinvio a giudizio della pm Ruggeri, la quale “nessun diritto aveva di distruggere i campioni (…). Ha agito in modo consapevole, in modo tale da rendere i reperti biologici inservibili per nuove indagini”. Così, a dire dell’avvocato Claudio Salvagni, avrebbe messo in atto “un’attività criminale, un abuso inaccettabile, una violenza gratuita” distruggendo i campioni di Dna che hanno portato alla condanna di Bossetti e che, “se sottoposti a nuovo esame (ancora possibile in stato di corretta conservazione come affermato dai consulenti tecnici Lago e Casari al pm di Venezia), avrebbero potuto scagionarlo”. Quei reperti “sono stati distrutti non per caso fortuito o forza maggiore”, ma da “un’attività ordinata da chi quei reperti li doveva, per legge, custodire” per il timore che quel Dna “non avrebbe restituito il medesimo risultato, ‘smontando’ così, una inchiesta dai costi esorbitanti”.
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